Il testo, corredato delle note, riproduce l’intervento al Convegno «Un “penale” senza “diritto”. Rimeditando Stanley Kubrick», tenutosi all’Università di Firenze, il 29 febbraio 2024.
Il contributo è in corso di pubblicazione nel prossimo volume di Criminalia, ed è soggetto ai criteri di peer review ed alle esclusioni dal sistema di valutazione della Rivista.
SOMMARIO 1. Un’immagine riduttiva di violenza ubiquitaria. – 2. La violenza che riproduce violenza. – 3. Il «programma Lodovico» non costituisce il prototipo della finalità rieducativa. 4. L’esistenza di una potestà punitiva non ne implica, o giustifica, contenuti di violenza. – 5. La difficile sfida della libertà come antidoto alla violenza.
Abstract:
Il testo evidenzia i rischi di una rappresentazione della violenza conforme agli stereotipi e alle semplificazioni degli orientamenti securitari, che in Arancia meccanica si rivela priva di attenzione sia ai fattori di corresponsabilità sociale che favoriscono la criminalità, sia alle esigenze della prevenzione primaria: con esiti di facile supporto agli indirizzi neo-retributivi emergenti a partire dagli anni Settanta del secolo scorso. Può nondimeno constatarsi fortemente rimarcato, nell’opera di Stanley Kubrick, come la contrapposizione di violenza a violenza crei un circolo vizioso che rende impossibile il superamento della medesima: una contrapposizione che si concretizza nel bizzarro programma di rieducazione coercitiva al quale il protagonista del film accetta di sottoporsi e la cui stridente incompatibilità con l’autonomia di ciascun individuo umano costituisce il fulcro dell’intera opera cinematografica. Nelle note che seguono si sottolinea che il suddetto programma non delinea in alcun modo un’immagine corretta della finalità rieducativa, la quale implica non già l’annullamento, bensì la promozione della libertà individuale. E altresì che la natura vincolante dei provvedimenti penali non ne comporta, al contrario di quanto tradizionalmente asserito, contenuti intrinseci di violenza (l’intimidazione violenta non ha mai contribuito a ridurre il male, ma ha largamente costituito, semmai, fattore cui s’è fatto ricorso per indurre ad agire secondo il male).
Parole chiave:
Pena – Rieducazione e libertà– Sanzioni ‘non violente’ – Prevenzione generale reintegratrice
Title:
Punishment and freedom.
On the representation of violence in Stanley Kubrick’s A Clockwork Orange
Abstract:
The article highlights the risks of a representation of violence that conforms to the stereotypes and simplifications of securitarian orientations, which in ‘A Clockwork Orange’ proves to be devoid of attention both to the factors of social co-responsibility that foster crime and to the needs of primary prevention. This approach easily lends support to emerging neo-retributive trends that emerged from the 1970s. Nevertheless, Stanley Kubrick’s work strongly emphasizes how the opposition of violence to violence creates a vicious cycle that makes overcoming it impossible: a juxtaposition that is concretized in the bizarre program of coercive re-education to which the film’s protagonist agrees to undergo and whose strident incompatibility with the autonomy of each human individual constitutes the core of the entire cinematic work. In the following notes, it is highlighted that the aforementioned program does not outline a correct picture of the re-educational purpose, which implies not the nullification but the promotion of individual freedom. Additionally, it is observed that the binding nature of penal provisions does not entail, contrary to traditional assertions, intrinsic contents of violence (violent intimidation has never contributed to reducing evil but has largely served as a means to induce actions aligned with evil).
Keywords:
Punishment – Re-education and freedom – ‘Nonviolent’ sanctions – General reintegrative prevention