guarnieri

 “In nome del popolo italiano” è un film di Dino Risi del 1971, cioè di più di 50 anni fa. Il suo interesse non è solo dovuto all’ottima sceneggiatura – di Age e Scarpelli – o alle interpretazioni di due colossi della commedia all’italiana come Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi. In realtà, il film sembra prefigurare quanto avverrà due decenni dopo con le indagini di Mani Pulite. Si confrontano infatti quasi due veri e propri “tipi ideali”. Gassman è Sante Nocito, imprenditore attivo ma privo di scrupoli, che ben rappresenta l’Italia “alle vongole”, tanto criticata, da allora in poi, da intellettuali di varia estrazione “progressista”. È l’Italia, del compromesso e del malaffare: un’Italia che sembra non cambiare mai. Dall’altra parte sta Ugo Tognazzi, un giudice – siamo ancora ai tempi del giudice istruttore, oggi avremmo probabilmente un pubblico ministero – impegnato a fondo nel suo lavoro ma travolto dall’ideologia e intenzionato a “fare giustizia”, anche a costo di violare la legge.

 Il confronto fra i due protagonisti resta, nel film, impregiudicato: si muove infatti in un delicato equilibrio fra due personaggi entrambi caratterizzati da negatività: l’imprenditore spregiudicato e il giudice prevaricatore. L’occhio del regista sembra così suggerire allo spettatore la necessità di considerare la complessità delle situazioni e quindi la difficoltà o forse l’inutilità, nel caso in questione, di una scelta netta fra i due: non ci sono solo buoni e cattivi. È comunque un invito alla prudenza, a diffidare delle scelte facili. Una messa in guardia nei confronti di chi ritiene di avere la chiave per comprendere tutte le situazioni.

 Se il film precorre “Mani pulite”, a ben vedere non tutti i protagonisti di quest’ultima vicenda sono presenti. Soprattutto non è presente, se non indirettamente, un altro dei protagonisti – forse il principale, almeno in chiave negativa – di quest’ultima stagione: il politico. Le ragioni di questa assenza? Forse nel momento storico in cui viene girato il film si può trovare una spiegazione. Siamo infatti alla vigilia di quello che sarà l’ultimo serio esperimento politico prima di Mani Pulite, l’ultimo tentativo di introdurre un’innovazione di rilievo nel funzionamento del nostro sistema politico: la fase della cd. Solidarietà Nazionale, che mirava ad inserire in qualche modo il Pci nell’arena di governo. Com’è noto, sarà uno sforzo che terminerà con un sostanziale fallimento e aprirà la strada ad una fase di immobilismo – il pentapartito, preludio del crollo finale della Prima Repubblica – ma che agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso era ancora in grado di suggerire qualche speranza.

 Il fallimento dell’esperimento della solidarietà nazionale avrà però importanti conseguenze. Un’analisi come quella condotta nel film di Risi, caratterizzata – lo abbiamo visto – da molte gradazioni, verrà sostituita – nell’opinione pubblica e soprattutto nei media – da una narrazione diversa dei fenomeni corruttivi, ormai tutti con un colpevole pre-designato: il politico. In altre parole, se la coppia imprenditore/magistrato permetteva ancora un certo equilibrio e soprattutto la presenza di sfumature, l’entrata in gioco del politico sbilancia del tutto l’analisi: siamo ormai di fronte ad un versione dell’eterno “piove, governo ladro”, alla ricerca ormai instancabile del politico come capro espiatorio. Si tratta di una stagione da cui non siamo ancora usciti e che ci fa davvero rimpiangere la finezza e l’equilibrio di film come questo.