Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene
“Nemmeno l’autorità d’interpretare le leggi penali può risiedere presso i giudici criminali per la stessa ragione che non sono legislatori” (§ IV).
“Non v’è cosa più pericolosa di quell’assioma comune che bisogna consultare lo spirito della legge. Questo è un argine rotto al torrente delle opinioni (…). Ciascun uomo ha il suo punto di vista, ciascun uomo in differenti tempi ne ha uno diverso. Lo spirito della legge sarebbe dunque il risultato di una buona o cattiva logica di un giudice, di una facile o malsana digestione (…). Quindi veggiamo la sorte di un cittadino cambiarsi spesse volte nel passaggio che fa a diversi tribunali, e le vite de’ miserabili essere la vittima dei falsi raziocini o dell’attuale fermento degli umori d’un giudice, che prende per legittima interpretazione il vago risultato di tutta quella confusa serie di nozioni che gli muove la mente” (§ XIV).