Benché la disciplina dell’istituto non preveda espressamente la possibilità di disporre la proroga del progetto, deve concordarsi con l’orientamento dottrinale che ne ravvisa la plausibilità, sia pure sul presupposto di un rinnovato consenso dell’imputato e dell’adozione della relativa decisione nel contraddittorio tra le parti nel corso di un’apposita udienza previamente fissata: in questo senso, A. Ciavola, La specificità delle formule decisorie minorili, § 6.8, in La giurisdizione specializzata nella giustizia penale minorile, a cura di E. Zappalà, III ed., 2019, p. 204. V. altresì, A. Pulvirenti, Il giudizio e le impugnazioni, in La giustizia penale minorile: formazione, devianza, diritto e processo, a cura di A. Mangione e A. Pulvirenti, III ed., Milano, 2020, p. 553, il quale giustamente precisa che il nuovo periodo di prova, sommato al precedente, non può superare il periodo massimo di sospensione previsto dall’art. 28, comma 1, d.P.R. n. 448 del 1988. Questo orientamento ha trovato di recente accoglimento anche in giurisprudenza: cfr. Cass., sez. III, 1.12.2020, n. 4009, in dejure.it; v., altresì, Cass., sez. IV, 26.2.2020, n. 15714, in dejure.it, per l’illogicità del provvedimento che disponga la proroga del progetto di messa alla prova nell’ipotesi in cui durante il suo svolgimento il minore abbia commesso altri reati.