Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta
4. Il quadro normativo extra-penale
4.1. E ancora: i contrassegni della tipicità in questo comparto normativo non sono soltanto poco selettivi; sono anche scarsamente autonomi.
Il principale polo della fattispecie di omicidio – la nozione di morte – è stato normativizzato dalla l. n. 578 del 1993. Analogamente deve dirsi per alcune significative problematiche del fine-vita, oggi disciplinate dalla l. n. 219 del 2017, in materia (anche) di disposizioni anticipate di trattamento.
4.2. Quanto all’inizio della vita tutelata, il diritto penale positivo non offre risposte espresse, come dimostrano le incertezze che tuttora gravano sullo statuto del concepito e della c.d. vita prenatale in genere@. Il riconoscimento al nascituro della “qualità di persona umana meritevole di tutela penale in quanto essere portatore di un valore proprio e originario”@, a ben vedere, non ha un valore assoluto, riconoscendosi “limiti di tutela del nascituro a vantaggio di altri interessi configgenti”@, che risultano esterni rispetto al piano della disciplina penale.
Per quel che concerne il conflitto materno-fetale, la casistica è molto ricca e non sempre espressamente regolata, come avviene, per esempio, con la legge sull’interruzione volontaria della gravidanza (n. 194 del 1978). In ogni caso, prevale l’opinione secondo cui non siano consentiti interventi a salvaguardia del feto contro la volontà della madre; a fortiori quest’ultima non può essere obbligata a comportamenti idonei ad assicurare la salute del nascituro. Decisiva è l’irraggiungibilità del feto, che si trova oltre una soglia – il corpo materno – inviolabile e incoercibile@.
La problematicità dei diritti personalistici del nascituro non si è sciolta nel tempo; anzi si è acuita con i progressi della scienza medica, come dimostra il contrastato dibattito sul trattamento del neonato prematuro e sulla doverosità o meno della rianimazione@, che pone l’interrogativo se, ai fini della sussistenza della posizione di garanzia del medico, la vitalità, ossia l’attitudine a vivere, comunemente considerata irrilevante per l’elevazione della vita a valore tutelabile@, non sia piuttosto un requisito di cui occorra tenere conto con riguardo ai nati prematuri incapaci di vita autonoma.
4.3. Per non dire delle incertezze che attengono allo statuto dell’embrione dopo la l. n. 40 del 2004. L’elevazione a delitto della sperimentazione scientifica su embrioni umani (art. 13), in particolare, sottende una concezione personalistica dell’embrione@, espressione di una precisa concezione pregiuridica della vita@, di fatto non assoluta, perché suscettibile, anche in una fase più avanzata del suo sviluppo, di soccombere alle condizioni sostanziali e procedimentali previste dalla citata legge sull’interruzione volontaria della gravidanza. Come a dire che altro è il valore personalistico in sé dell’embrione, altro è la sua tenuta quando entra in conflitto con altri valori, dovendosi a questo punto distinguere ulteriormente, a seconda che si tratti o meno di valori autenticamente personalistici facenti capo alla madre.
4.4. Una vischiosità normativa similare si registra con riguardo al tema, davvero centrale, dell’operatività del consenso scriminante in relazione ai beni della persona; al di la dell’indisponibilità della vita, ricavabile dall’incriminazione dell’omicidio del consenziente (art. 579 c.p.), il codice penale non offre indicazioni univoche.
Molti importanti contributi al biodiritto sono venuti dalla dottrina penalistica sensibile alla funzione regolativa dei principi@, più che dalle scelte espresse del codice penale, la cui legalità è rimasta a lungo laconica su questo terreno.
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