Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta
8. Il garantismo
8.1. Questo modello di giustizia, a volte inopinatamente bollato come “veteroliberale”, è avversato oggi in nome di emergenze criminali che minacciano gravemente le nostre società. Si propone, in alternativa, un diritto penale di contrasto o di lotta, che sbilancia l’equidistanza della giurisdizione. E non mancano tesi ancora più ardite sul piano dello smantellamento dell’architettura garantistica, destinate a operare nei confronti di fenomeni globali, come mafia e terrorismo internazionale. Il riferimento è al diritto penale del nemico@, che interpreta la giuridicità del punire in chiave sistemica e antipersonalistica, legittimando la relativizzazione dei diritti inviolabili della persona nei confronti di autori di reato, i quali, per il fatto di porsi contro lo stato di diritto, non sarebbero titolari delle garanzie previste per il cittadino che delinque@. Da qui l’asserita praticabilità di trattamenti punitivi speciali (per esempio, condizioni penitenziarie particolarmente afflittive) e mezzi di ricerca della prova (tortura, ipnosi, ecc.), che deprivano dei diritti fondamentali e nondimeno sarebbero consentiti finché perdura l’opposizione delle persone attinte ai principi dello stato di diritto.
8.2. Molto si potrebbe dire sul sostrato ideologico di questa dottrina che, ben distante dalla tradizione penalistica moderna, pretende di introdurre, nella direzione dell’incrudelimento del penale, eccezioni a un diritto che già di per sé è un’eccezione, in nome dello stato di eccezione. Essa, però, è fortunatamente incompatibile con i valori espressi nella nostra Costituzione, primo tra tutti il principio personalistico di matrice kantiana, secondo cui la persona – ivi compresa quella dell’imputato e del colpevole – è pur sempre un fine non strumentalizzabile. Ci sono diritti insopprimibili che operano anche per i nemici sociali, gli inescusabili, i colpevoli dei delitti più efferati. È vero, però, che la nostra realtà non è sempre conseguente alle belle parole che siamo soliti usare per magnificare il nostro diritto penale. Il pensiero va al regime del c.d. carcere duro di cui all’art. 41-bis ord. pen., che da più parti viene equiparato a una forma di tortura.
Nell’epoca del diritto euro-vittimocentrico (che, nel richiamare opportunamente l’attenzione sulla vittima, rischia di oscurare il colpevole, quale principale polo gravitazionale della giustizia penale), va ribadito con forza che i fondamentali principi di garanzia, dotati di rilevanza costituzionale, sono pensati, con le dovute differenziazioni, per imputati e colpevoli. Il penalista liberale pretende che l’imputato sia trattato da innocente, qual è fino a condanna definitiva, e non simpatizza per i colpevoli, ma si batte affinché vengano affermati sia i loro diritti, sia la loro dignità di persone, a prescindere dalle accuse e dalla loro fondatezza. La società ha il pieno diritto di difendersi dai reati, ma nel rispetto di regole irrinunciabili e garanzie non negoziabili.
Di recente il tema è stato rielaborato da un’autorevole voce della nostra dottrina, che ha proposto, in un dotto e ponderoso volume@, una visione generale del garantismo come bilanciamento degli opposti e come concetto declinabile al plurale. I garantismi – si osserva – sono molteplici e tutti necessari; differiscono tra loro per il settore d’intervento, e sono accomunati dalla vocazione al contenimento e alla stabilizzante dei poteri. I vari garantismi (ora positivi, in quanto programmi di tutela, ora negativi, come limiti all’intervento regolativo) intendono assicurare specifici punti di equilibrio ordinamentali, dando vita a una categoria pluricentrica e trasversale.
Tutto ciò non toglie che è nelle discipline penalistiche che il garantismo trova la sua elaborazione più nota, centrale e risalente. Il garantismo funge da sbarramento al diritto penale dell’oppressione che vede nella pena un istrumentum regni, in passato di matrice autoritaria, oggi di ispirazione populista.
Garantista è il diritto penale che limita se stesso, proteggendo il cittadino e la porzione non sacrificabile dei suoi diritti dallo strumento di tutela. Per questa ragione, accanto a garanzie bilanciabili per mano di quella stessa giurisdizione che dovrebbero contenere, ve ne sono altre rigide e non bilanciabili come la legalità. La loro natura di criteri autoregolativi non muta. Il carattere formale, però, ne assicura una maggiore tenuta@.
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