testi ed ipertesti

Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta

7. L’eccezionalità del “penale”

 

 7.1. Sul piano sostanziale, si è già detto che la principale caratteristica della giustizia penale liberale è di essere ius exceptum, ossia diritto derogatorio rispetto alla regola della libertà. Ne discende la necessaria definizione ex ante del divieto. Si tratta di un’obbligazione di risultato, espressione, a sua volta, di un preciso dovere di diligenza dell’ordinamento giuridico, violato il quale non si può pretendere l’osservanza del cittadino, che non è tenuto ad impegnarsi al massimo delle sue capacità per procurarsi l’ottimale conoscenza del diritto (soprattutto di quello c.d. vivente, talvolta indecifrabile) e neutralizzare in tal modo gli effetti dell’inadempimento informativo del sistema repressivo, che non lo ha messo nelle condizioni di conoscere l’ambito operativo dei divieti penali.

 Questo ordine di priorità, di derivazione “contrattualistica”, spiega perché in relazione alle disposizioni penali (sfavorevoli) l’interpretazione analogica viene rovesciata, da canone ermeneutico generale, in divieto, accomunando le norme eccezionali e quelle penali, quali species. La lacuna nel punire non è colmabile e assume un valore assoluto, a prescindere dalla sua razionalità e condivisibilità. Il conflitto tra libertà e giustizia sociale, quando non è espressamente disciplinato, viene risolto a favore della prima non per indifferenza o spregio, ma per il valore prevalente della persona del reo.

 7.2. I contenuti impliciti di questo personalismo sono l’umanità e la razionalità del punire, che si riverberano nel rispetto dell’individuo quale valore insuscettibile di essere strumentalizzato e sacrificato sull’altare della prevenzione (generale e speciale) dei reati. Da qui l’irrilevanza dei fatti inoffensivi ancorché sintomatici di pericolosità, la necessità di una piena colpevolezza, l’irrinunciabile ragionevolezza della risposta punitiva e l’offerta di riscatto rieducativo, come opportunità salvifica morale e sociale. Con queste garanzie di civiltà giuridica e di giustizia sostanziale favorevole al reo sta e cade la funzione pratica del diritto penale, che è la pacificazione sociale.

 Sul piano processuale, la giustizia penale liberale non disconosce che esiste un “margine irriducibile di illegittimità del potere giudiziario” e che la verità processuale rimane “opinabile in diritto e probabilistica in fatto”@. Per questa ragione la presunzione di non colpevolezza e la regola di giudizio in dubio pro reo non sono principi di facciata, ma fari che orientano la navigazione del penalista.

 

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