Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta
3. Il percorso inverso: deroghe al bilanciamento
di Costanza Bernasconi
3.1. Come già anticipato, l’enorme dilatazione della discrezionalità giudiziale introdotta nell’ambito del giudizio di bilanciamento delle circostanze con d.l. n. 99 del 1974, se pur dettata dall’intento di favorire l’adeguatezza in concreto della pena, rispetto alle rigidità (in eccesso) che caratterizzavano (e per certi aspetti caratterizzano tuttora) un certo numero di fattispecie incriminatrici di parte speciale, ha aperto problemi di diversa natura.
Sicché, lo stesso legislatore, re melius perpensa, già a partire dagli anni immediatamente successivi alla riforma, ancora una volta in modo del tutto svincolato dalla collaterale revisione delle cornici edittali delle singole fattispecie incriminatrici, è intervenuto in diverse occasioni (dapprima, nell’ambito della sola parte speciale, ma in tempi più recenti anche modificando norme di parte generale) per apportare vere e proprie deroghe alla “nuova” disciplina del giudizio di comparazione.
In tale prospettiva, un ruolo rilevante è stato svolto dall’introduzione delle circostanze c.d. blindate o privilegiate@. Si tratta di ipotesi in relazione alle quali l’esito del giudizio di bilanciamento risulta in tutto o in parte predeterminato ex lege. Il comune denominatore è quello di integrare strumenti di contenimento della discrezionalità giudiziale in sede di quantificazione del trattamento sanzionatorio, posto che il legislatore ha, di volta in volta, ritenuto che determinati elementi debbano avere un peso commisurativo maggiore di altri.
3.2. I predetti meccanismi di contenimento della discrezionalità sono, però, poi diversamente costruiti dalle singole disposizioni.
In alcuni casi, infatti, il legislatore limita l’efficacia diminuente di eventuali circostanze attenuanti entro limiti, specificamente previsti, più ristretti rispetto a quelli che opererebbero con l’applicazione ordinaria dell’art. 69 c.p. (in questo senso dispongono, per esempio, gli artt. 289-bis, comma 5, e 630, comma 6, c.p.). In altre e più frequenti ipotesi, si enuncia invece un divieto di prevalenza o anche solo di equivalenza delle eventuali attenuanti concorrenti sulle circostanze aggravanti di volta in volta menzionate. Per lo più si tratta, infatti, di previsioni dettate allo scopo di salvaguardare i limiti edittali ed evitare che inasprimenti sanzionatori legati alla sussistenza di determinate elementi specializzanti possano essere annientati nella fase commisurativa@.
Ebbene, sono oggi numerose le ipotesi riconducibili a siffatto paradigma. Si pensi, a titolo solo esemplificativo, all’art. 270-bis.1, comma 2, c.p., in forza del quale, per i reati commessi per finalità di terrorismo, “le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, concorrenti con l’aggravante di cui al primo comma, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa e alle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o ne determina la misura in modo indipendente da quella ordinaria del reato, e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti”.
Analoga deroga alla disciplina di cui all’art. 69 c.p. è contemplata dall’art. 280-bis, comma 5, c.p., secondo il quale “le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, concorrenti con le aggravanti di cui al secondo e al quarto comma, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti”.
Ma gli esempi potrebbero continuare, citando – senza nessuna pretesa di completezza – le deroghe al regime di comparazione riguardanti le fattispecie di sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione (art. 289-bis, comma 5, c.p.) e di sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630, comma 6, c.p.), nonché l’associazione di tipo mafioso, (art. 416-bis.1, comma 2, c.p.), i delitti contro la personalità individuale (art. 602-ter, ult. comma, c.p.).
3.3. Ulteriori eccezioni alla disciplina generale del giudizio di bilanciamento sono state, altresì, introdotte nella parte generale del Codice penale. Il riferimento è, innanzitutto, alla riforma attuata con l. n. 251 del 2005, che, intervenendo sulla formulazione dell’art. 69, ult. comma, c.p., ha stabilito che “le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle circostanze inerenti alla persona del colpevole, esclusi i casi previsti dall’articolo 99, quarto comma, nonché dagli articoli 111 e 112, primo comma, numero 4), per cui vi è divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle ritenute circostanze aggravanti, ed a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato”.
In ordine di tempo, l’ultima deroga al giudizio di bilanciamento introdotta dal legislatore è ora prevista all’art. 69-bis c.p. e concerne alcuni delitti di particolare gravità, specificamente nominati attraverso il richiamo delle fattispecie indicate all’art. 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6), c.p.p. In tal caso, le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall’articolo 98, concorrenti con le aggravanti di cui agli articoli 111 e 112, primo comma, numeri 3) e 4), e secondo comma, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste se chi ha determinato altri a commettere il reato, o si è avvalso di altri nella commissione del delitto, ne è il genitore esercente la responsabilità genitoriale ovvero il fratello o la sorella e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti.
3.4. Tanto premesso, occorre però evidenziare come talune delle succitate deroghe abbiano, invero, sollevano problemi di compatibilità con una pluralità di principi costituzionali. Tanto che in diverse occasioni è stato sollecitato l’intervento della Corte costituzionale.
Attraverso il sistema delle presunzioni legali può, infatti, accadere che il legislatore fissi in realtà un assetto troppo rigido degli interessi in gioco, rendendolo completamente insensibile alla valutazione del caso concreto. Si comprende allora la ragione in forza della quale il Giudice delle leggi abbia adottato talune pronunce di accoglimento parziale, là dove si è, per esempio, trattato di verificare la legittimità del divieto di prevalenza sulla recidiva reiterata di singole circostanze attenuanti@.
Ebbene, l’esito di dette dichiarazioni di illegittimità è stato quello di ricondurre nuovamente nelle mani del giudice di merito il compito di trovare il punto di equilibrio, sulla base di valutazioni discrezionali caso per caso, con il conseguente notevole ridimensionamento della portata dell’ennesima riforma.
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