testi ed ipertesti

Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta

6. Il diritto penale dell’ambiente

di Costanza Bernasconi

 

 6.1. Come già anticipato (supra, Cap. IV, § 2), con l. 22 maggio 2015, n. 68, il legislatore ha introdotto nel codice penale il nuovo Titolo VI-bis (specificamente dedicato alla tutela dell’ambiente), prevedendo fattispecie delittuose robustamente sanzionate, fino a quel momento del tutto inedite.

 Nondimeno, l’inserimento degli ecodelitti all’interno del codice penale non ha sostanzialmente toccato il preesistente arsenale sanzionatorio di natura contravvenzionale, collocato nell’ambito della legislazione speciale extra codicem, interamente sopravvissuto alla riforma.

 Il diritto penale ambientale, infatti, si è progressivamente formato – segnatamente negli ultimi decenni del secolo scorso – attraverso la predisposizione di autonomi corpi normativi, mediante i quali si era, ab origine, realizzata una vera e propria settorializzazione della tutela, sulla base delle differenti risorse naturali (aria, acqua e suolo) di volta in volta oggetto di considerazione.

 Ragioni di vario tipo, legate in particolare alla stretta accessorietà del diritto penale rispetto alla disciplina amministrativa vigente nei diversi ambiti, hanno sempre giocato un ruolo decisivo a favore della collocazione extracodicistica delle fattispecie incriminatrici a tutela dell’ambiente.

 6.2. Sennonché, detta legislazione extra codicem, già per sua natura fisiologicamente instabile, aveva raggiunto nel settore qui considerato profili di straordinaria complessità, dovuta in parte anche all’esigenza di dare seguito a impulsi del legislatore sovranazionale o di rispondere ad esigenze di tutela indotte da situazioni emergenziali.

 Tali fattori non di rado avevano finito per generare un fenomeno di disordinata ipertrofia normativa, causa di enormi problemi di coordinamento tra le diverse norme che andavano ad affiancarsi e/o a sovrapporsi a quelle precedenti, oltre che di intellegibilità di un corpo di disciplina vieppiù vasto e di difficile gestione.

 Proprio per questa ragione nel 2004 il legislatore conferì delega al Governo per l’adozione di “uno o più decreti legislativi  di  riordino,   coordinamento   e   integrazione   delle disposizioni  legislative” in alcuni specifici  settori espressamente indicati@.

 Ne scaturì il d.lgs. n. 152 del 2006, noto anche come Codice dell’ambiente o Testo Unico ambientale (tuttora vigente), all’interno del quale confluì, in effetti, buona parte del materiale normativo fino a quel momento sparpagliato in una molteplicità di fonti diverse.

 Rimasero, tuttavia, estranei a siffatto sforzo di razionalizzazione altri importanti settori di tutela (quali, per esempio, quelli afferenti alla protezione del territorio, dei beni culturali ed artistici, delle specie animali e vegetali protette, nonché numerose norme volte a contrastare particolari forme di inquinamento), a tutt’oggi collocati fuori dal citato Testo Unico.

 6.3. Tanto premesso, vale comunque la pena di ricordare come il paradigma di illecito di gran lunga più utilizzato dal legislatore nell’ambito della legislazione speciale extra codicem è sempre rimasto quello del reato contravvenzionale di pericolo astratto. Salvo pochissime eccezioni, infatti, le fattispecie incriminatrici presenti nella legislazione speciale non descrivono condotte di diretta aggressione ambientale, nelle forme dell’illecito di danno o di pericolo concreto, bensì condotte inosservanti della disciplina amministrativa volta a realizzare il necessario bilanciamento tra interessi contrapposti che contraddistingue in modo molto significativo siffatto ambito normativo.

 Le peculiari caratteristiche del bene protetto e il rapporto talvolta antagonistico dello stesso rispetto ad altri interessi ritenuti comunque meritevoli di considerazione da parte dell’ordinamento hanno, infatti, indotto il legislatore a predisporre in sede extrapenale minuziose normative tecniche volte a individuare la sfera di c.d. rischio consentito, all’interno del quale possono essere esercitate attività caratterizzate da potenziale impatto ambientale. La sanzione penale, mediante il paradigma dell’illecito contravvenzionale, interviene, dunque, con la funzione di presidiare l’osservanza di siffatta disciplina attraverso, appunto, la costruzione di fattispecie di pericolo astratto, alle quali è, invero, tuttora affidato un importante ruolo di tutela.

 

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