Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta
3. Il diritto penale della sicurezza del lavoro
di Fausto Giunta
3.1. Il lavoro, considerato un diritto sociale, è anche un fattore criminogeno. Le morti c.d. bianche, gli infortuni che cagionano lesioni personali e le malattie professionali costituiscono una piaga sociale anche statisticamente allarmante. In presenza di questi eventi, il diritto al lavoro si trasforma in delitto sul lavoro. Da questa angolazione, la materia della sicurezza del lavoro confluisce in quella più generale della tutela della persona, sub specie di tutela della vita e dell’integrità fisica. Vengono in rilievo, tra le altre, le fattispecie codicistiche di omicidio e lesioni personali, la cui concreta operatività non può prescindere dalla normativa di settore, prevalentemente extra codicem.
La materia della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro ha subito negli ultimi decenni una profonda trasformazione sia legislativa, che giurisprudenziale. Con il convenzionalismo che connota tutte le semplificazioni storiche, l’anno di svolta può individuarsi nel 1994, allorché entra in vigore la nuova normativa di derivazione europea, costituita per l’appunto dal d.lgs. n. 626 del 1994, della quale l’odierno d.lgs. n. 81 del 2008 rappresenta l’ulteriore sviluppo e consolidamento.
3.2. Prima di allora, il perno del sistema era costituito, a livello della legge ordinaria, principalmente dall’art. 2087 c.c., secondo il quale “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
L’art. 2087 c.c. costituisce una clausola generale, di natura civilistica, che ha una soggettività molto ristretta perché concentra la sua focale preventiva sulla persona dell’imprenditore, trascurando di considerare il datore di lavoro pubblico e il privato non imprenditore.
A parte ciò, l’art. 2087 c.c. è figlio del suo tempo: sottintendeva un modello di organizzazione aziendale per così dire semplice, centrato sulla figura del datore di lavoro, quale esclusivo debitore di sicurezza.
A partire dalla l. n. 626 del 1994 la disciplina positiva si aggiorna, si adegua a una realtà datoriale più variegata, connotata di frequente da una maggiore complessità dell’organizzazione lavorativa: il datore di lavoro ben può essere “lontano”, sotto il profilo della distanza materiale e delle competenze antinfortunistiche, dal lavoratore e dai fattori di rischio. Non solo l’imprenditore, soggetto che guarda al mercato, può non avere le competenze necessarie per adempiere direttamente il debito di sicurezza.
3.3. Sulla scia della l. n. 626 del 1994, la normativa vigente, il d.lgs. n. 81 del 2008, declina al plurale i contenuti inespressi dell’art. 2087 c.c., passando dalla figura dell’unico obbligato (il datore di lavoro) a un fascio di posizioni di obbligo.
Numerosi sono, infatti, i destinatari iure proprio – ossia in forza di un’investitura originaria che discende direttamente dalla legge – di specifici obblighi a garanzia della salute e della sicurezza dei lavoratori, la cui violazione è fonte di responsabilità, anche sul piano penale.
Si pensi, in particolare: ai dirigenti e ai preposti, al responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP), al medico competente, al committente, al responsabile dei lavori, al coordinatore per la progettazione, al coordinatore per l’esecuzione e, finanche, a soggetti estranei al rapporto di lavoro, come fabbricanti, progettisti, fornitori e installatori, i cui inadempimenti sono appositamente sanzionati dalla normativa di settore. Lo stesso lavoratore, creditore di sicurezza, non è destinatario passivo del debito di sicurezza. Ha doveri suoi propri (art. 20).
3.4. Il punto di irradiazione del sistema prevenzionistico rimane, però, la figura del datore di lavoro che è il perno su cui ruota l’intera normativa, posto che, proprio a tale figura, è affidata, in generale e in via prioritaria, la gestione dei rischi connessi all’attività lavorativa.
Su di lui gravano obblighi delegabili, ossia trasferibili ad altri per il loro espletamento, e obblighi esclusivi non delegabili (art. 17 d.lgs. n. 81 del 2008). A quest’ultimo proposito il riferimento è (a) alla valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del D.V.R. (documento di valutazione dei rischi) e (b) alla designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi (R.S.P.P.).
Il Testo unico in materia di sicurezza sul lavoro traccia una nozione peculiare di datore di lavoro, che può non coincidere con la definizione di datore di lavoro operativa ad altri fini (ad esempio, in campo giuslavoristico, previdenziale, ecc.).
Nel settore privato la posizione datoriale è individuata sulla base di due criteri, l’uno di natura formale, consistente nella titolarità del rapporto di lavoro, l’altro, di tipo funzionale ed effettuale, concernente la responsabilità dell’organizzazione o dell’unità produttiva.
Nel caso dell’impresa individuale è agevole ravvisare una piena coincidenza tra la figura del datore di lavoro ai fini prevenzionistici e la persona fisica dell’imprenditore che non solo rappresenta la controparte contrattuale del lavoratore nel rapporto di lavoro, ma a norma dell’art. 2086 c.c. è a «capo dell’impresa».
3.5. Un discorso più articolato richiede l’individuazione della figura datoriale nelle società di capitali. In assenza di più puntuali specificazioni normative, il principale parametro di riferimento è dato dallo statuto societario, nel quale l’ente può chiarire le competenze e i poteri di intervento del soggetto legittimato a svolgere la funzione di datore di lavoro ai fini della sicurezza. Sennonché, non sempre dagli statuti sono desumibili chiare indicazioni sul soggetto gravato degli obblighi prevenzionistici. Ciò spiega le oscillazioni della stessa giurisprudenza in materia, per la quale, se il datore di lavoro è una persona giuridica, destinatario delle norme è il legale rappresentante dell’ente imprenditore, quale persona fisica attraverso la quale il soggetto collettivo agisce nel campo delle relazioni intersoggettive, così che la sua responsabilità penale, in assenza di valida delega, è indipendente dallo svolgimento o meno di mansioni tecniche, attesa la sua qualità di preposto alla gestione societaria. Ne consegue che, in tema di sicurezza e di igiene del lavoro, nelle società di capitali il datore di lavoro si identifica con i vertici dell’azienda stessa, quali il Presidente del Consiglio di Amministrazione, o Amministratore delegato o Componente del Consiglio di Amministrazione cui siano state attribuite le relative funzioni.
Ancora più complessa risulta l’identificazione della posizione datoriale ove non si possa fare leva sulla compenetrazione del dato formale con l’esercizio dei poteri tipici di tale figura. Soccorre qui la nozione effettuale di datore di lavoro, che fa perno su colui che è responsabile non già dell’impresa come ente, bensì dell’organizzazione o dell’unità produttiva: colui che esercita, effettivamente, i poteri decisionali e di spesa.
La questione dell’individuazione del datore di lavoro “sostanziale” ai fini della sicurezza si pone, segnatamente, all’interno delle realtà aziendali complesse nelle quali, infatti, per esigenze organizzative, si può assistere ad una scissione tra la titolarità formale del rapporto di lavoro, da un lato, e l’esercizio effettivo dei poteri gestionali, dall’altro. In tali contesti, mentre la titolarità del rapporto lavorativo, in genere, spetta al soggetto collettivo e al suo rappresentante legale, il potere organizzativo e gestionale, al cui esercizio è correlato il dovere si sicurezza, di regola, è ripartito tra una pluralità di soggetti o è attribuito ad organi collegiali, nel cui ambito occorrerà individuare, appunto, il soggetto qualificabile come datore di lavoro per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
3.6. Sotto questo profilo, dunque, si rende necessaria una analisi attenta della concreta articolazione aziendale, dovendosi, in particolare, distinguere (a) i casi di delega gestionale (o organizzativa) (b) da quelli in cui l’assegnazione dei compiti e delle connesse responsabilità è legislativamente prevista (si pensi alla scelta, da parte dell’imprenditore, di individuare il dirigente di un’autonoma attività produttiva quale datore di lavoro della stessa).
Con riguardo ai primi, è noto che, all’interno delle società di capitali, talune attribuzioni proprie del Consiglio di Amministrazione (per esempio, la qualifica di responsabile della sicurezza o la stessa qualifica datoriale) possano essere conferite, a norma dell’art. 2381, comma 2, c.c., «se lo statuto o l’assemblea lo consentono», ad alcuni dei suoi componenti e, segnatamente, ad un amministratore delegato (c.d. delega di gestione). Ebbene, il soggetto delegato a norma dell’art. 2381 c.c., ove gli vengano conferiti tutti i poteri in materia antinfortunistica altrimenti spettanti al Consiglio di Amministrazione, si identifica con il datore di lavoro per la sicurezza ai fini dell’applicazione del d.lgs. n. 81 del 2008, sub specie di garante originario. Inoltre, egli, in quanto datore di lavoro per la sicurezza, potrà avvalersi del meccanismo della delega di funzioni in relazione agli obblighi delegabili. Si ritiene che sugli altri membri del Consiglio di Amministrazione, diversi da quello a cui è stata conferita la delega di gestione ex art. 2381, comma 2, c.c., gravi un obbligo di vigilanza sul suo operato, sempre che siano a conoscenza di fatti pregiudizievoli e dispongano di poteri impeditivi.
3.7. La normativa prevenzionistica – come ricordato – identifica in alternativa il datore di lavoro con chi è capo di una unità produttiva, sempre che eserciti i poteri decisionali e di spesa in materia di sicurezza (art. 2, comma 1, lett. b, d.lgs. n. 81 del 2008). Per «unità produttiva» si intende lo «stabilimento» o la «struttura finalizzati alla produzione di beni o all’erogazione di servizi, dotati di autonomia finanziaria e tecnico funzionale» (art. 2, comma 1, lett. t, d.lgs. n. 81 del 2008).
La definizione lata non rende agevole l’individuazione, nell’assetto complessivo di un’impresa, della presenza o meno di una o più unità produttive. Per l’orientamento preferibile per aversi un’unità produttiva è necessario che la struttura aziendale: a) sia finalizzata alla produzione di beni o all’erogazione di servizi, ossia a realizzare l’intero ciclo produttivo o una fase completa dello stesso; b) sia dotata di autonomia finanziaria; c) presenti un’autonomia tecnico-funzionale; d) sia dotata di maestranze adibite in via continuativa.
Nelle imprese di grandi dimensioni la nozione effettuale di datore di lavoro può prescindere da quella formale, con la conseguenza di ravvisare il garante originario del debito di sicurezza in via del tutto fattuale. In tale prospettiva, si valorizza l’art. 299 d.lgs. n. 81 del 2008, là dove fa discendere la veste di garante anche dall’esercizio in concreto dei poteri giuridici riferiti al destinatario primario degli obblighi di sicurezza, pure se sprovvisto di regolare investitura.
Vero ciò, le due nozioni valorizzate dall’art. 2, comma 1, lett. b, d.lgs. 81 del 2008 possono ora convergere in capo al medesimo soggetto, ora, invece, divergere, favorendo, in questo modo, la proliferazione dei centri di imputazione dell’obbligo di sicurezza.
In quest’ultimo caso, a prevalere, in linea di principio e tendenziale, sarà l’aspetto sostanziale; il criterio fondamentale per l’individuazione del datore di lavoro ai sensi del d.lgs. n. 81 del 2008 diventa, infatti, la concreta gestione dell’attività produttiva, che potrà rilevare, a seconda dei casi, in aggiunta o in sostituzione della nozione formale di datore di lavoro.
3.8. Nella connotazione strutturale della nozione di datore di lavoro si deve tenere conto, infine, dello specifico rischio che caratterizza il contesto lavorativo. Sulla base delle indicazioni che si desumono dall’analisi che precede, deve ritenersi che la nozione formale sia suscettibile di riespandersi e di operare in via residuale, allorquando la prevenzione degli infortuni sul lavoro implichi l’adozione di scelte gestionali di fondo, le quali per onerosità e portata investono la complessiva politica di sicurezza dell’azienda e che, pertanto, non possono che essere adottate soltanto al più alto livello imprenditoriale. In queste specifiche ipotesi il titolare ex lege degli obblighi prevenzionistici non ha soltanto il potere, ma anche il dovere di intervenire in surroga, con la conseguenza di ancorare e formalizzare la figura datoriale in seno al Consiglio di Amministrazione.
Diversamente, in presenza di rischi non particolarmente elevati e non strettamente connessi alle scelte organizzative e produttive dell’impresa, sarà possibile polarizzare la figura del datore di lavoro in termini esclusivamente effettuali, fino a considerare tale figura quale centro di imputazione autonomo e alternativo a quello formale.
3.9. La delega di funzioni dà rilevanza, anche a fini penali e pure in presenza di reati propri, al trasferimento di mansioni amministrative e gestionali dal titolare originario ad altri collaboratori, particolarmente e comunque adeguatamente qualificati, rendendo al contempo più efficiente l’organizzazione aziendale.
Sotto questo profilo, la delega di funzioni, prima di essere una condizione di possibile esonero da responsabilità del delegante, opera come ottimale modalità di osservanza degli obblighi prevenzionistici, coinvolgendo nel loro adempimento le professionalità necessarie.
L’istituto, di origine giurisprudenziale, ha ricevuto una espressa formalizzazione con riguardo al settore giuslavoristico. L’art. 16 d.lgs. n. 81 del 2008 è intervenuto, infatti, a dare “veste legale” alla delega attraverso la ricezione dei requisiti già fissati dalla giurisprudenza.
A norma dell’art. 16 d.lgs. n. 81 del 2008, dunque, la delega di funzioni è efficace solo in presenza di una serie di specifiche condizioni, tra cui spiccano, anzitutto, le “qualità” del soggetto delegato, ossia il possesso di una precipua competenza tecnica, in grado di soddisfare «i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate» (comma 1, lett. b). Il requisito in parola allude, evidentemente, ad una particolare preparazione in materia antinfortunistica, ossia ad una competenza specialistica sul piano professionale, parametrata alla concreta tipologia di rischio delle attività lavorative eseguite nell’impresa.
Ai fini della validità della delega si richiede, inoltre, che al delegato siano attribuiti i poteri gestori propri del datore di lavoro, compresi quelli di natura finanziaria, affinché possa far fronte in via diretta alle esigenze in materia di prevenzione degli infortuni, esercitando concretamente ed efficacemente le funzioni affidategli In breve: il delegato deve disporre «di tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate» (comma 1, lett. c), nonché dell’«autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate» (comma 1, lett. d).
L’art. 16, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2008 prevede a carico del datore di lavoro l’obbligo di vigilanza «in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite». Si tratta di un obbligo di «vigilanza alta» diversa dal controllo, momento per momento, della concreta e minuta modalità di svolgimento e conformazione delle lavorazioni.
All’evidenza, dunque, la delega di funzioni, anche se formalmente corretta ed efficace, non può legittimare un sostanziale disinteresse del datore di lavoro, tenuto a provvedere in via sostitutiva al mancato o inidoneo esercizio della delega, sempre che sia a conoscenza di fatti pregiudizievoli per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori in azienda. In nessun caso, infatti, l’istituto della delega di funzioni può sostituire il datore di lavoro quale centro di imputazione originario. Esso crea ulteriori centri di imputazione limitatamente ai compiti esecutivi suscettibili di essere demandati a soggetti competenti e dotati di adeguati poteri di intervento.
Requisiti essenziali e ulteriori della delega sono la forma scritta, la data certa, l’adeguata e tempestiva pubblicità nonché l’accettazione da parte del soggetto delegato.
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