Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta
5. Gli interventi della Corte costituzionale
5.1. Un contributo significativo al rinnovamento della parte speciale lo ha dato la Corte costituzionale con interventi diversificati.
Vengono in rilievo, anzitutto, le pronunce di illegittimità costituzionale. Senza pretesa di completezza, si pensi alla dichiarazione di incostituzionalità dei delitti di: istigazione di militari a disobbedire alle leggi, di cui all’art. 266 (sent. 139/1989); associazioni antinazionali, di cui all’art. 271 (sent. 243/2001); illecita costituzione di associazioni aventi carattere internazionale e illecita partecipazione ad associazioni aventi carattere internazionale, di cui agli artt. 273 e 274 (sent. 193/1985); turbamento di funzioni religiose del culto di una confessione religiosa, di cui all’art. 405 (sent. 327/2002); delitti in materia di sciopero, adulterio e concubinato, di cui agli artt. 559 e 560 (sent. 126/1968 e 147/1969); plagio, di cui all’art. 603 (sent. 96/1981).
Talvolta, l’incostituzionalità è stata dichiarata solo parzialmente, con riguardo a segmenti della fattispecie non più coerenti col quadro costituzionale: si pensi, in proposito, alle sentenze relative alle fattispecie di possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli (art. 707) e di possesso ingiustificato di valori (art. 708), che hanno dichiarato l’illegittimità delle predette norme incriminatrici nella parte in cui fanno richiamo alle condizioni personali di condannato per mendicità, di ammonito ovvero di sottoposto a misura di sicurezza personale o a cauzione di buona condotta (rispettivamente, sent. 14/1971 e sent. 370/1968; occorre notare che quest’ultima è stata poi superata dalla sent. 370/1996, con la quale la Corte ha definitivamente dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 708).
5.2. Vanno tenute presenti altresì le sentenze c.d. additive.
Si pensi, ad esempio, all’estensione della non punibilità, prevista per la ritrattazione di cui all’art. 376 c.p., ai casi di false informazioni alla polizia giudiziaria o al pubblico ministero, affermata dalla sent. 101/1999, ovvero al recente ampliamento della portata della causa di non punibilità dell’art. 384, comma 2, c.p. al soggetto che renda false o reticenti informazioni alla polizia giudiziaria pur non potendo egli essere obbligato a rilasciare dichiarazioni all’Autorità poiché indagato per un reato collegato a quello per cui si procede, operato dalla sent. 75/2009. Per non dire delle tutt’altro che rare pronunce interpretative di rigetto, con le quali la Corte ha indirizzato l’interpretazione della norma penale sospettata di illegittimità in modo conforme ai princìpi costituzionali.
Si ricordi la dichiarazione di infondatezza della questione sollevata in relazione alla fattispecie di sequestro di persona a scopo di estorsione. L’art. 630, comma 4, dispone invero una notevole riduzione di pena a favore del reo che si adopera per la liberazione dell’ostaggio dissociandosi dagli altri. La Corte, nel rigettare i sospetti di incostituzionalità, ha chiarito che l’attenuazione di pena si applica anche al reo che non si è dissociato dai correi (perché unico autore del reato o perché la liberazione dell’ostaggio è stata condivisa dai correi). In tal modo la Corte ha rettificato la dizione testuale della norma, che, facendo leva sul requisito della dissociazione, conduceva all’applicazione restrittiva della fattispecie di ravvedimento (sent. 143/1984).
Un altro esempio di notevole interesse è rappresentato dalla pronuncia relativa al c.d. “disastro innominato” (art. 434 c.p.), salvato dalla censura di incostituzionalità per violazione del principio di tassatività – ricompreso nel disposto dell’art. 25 Cost. – sulla scorta di una interpretazione sistematica della norma gravata rispetto alle omologhe fattispecie di comune pericolo previste agli artt. 424 ss., che ha consentito di enucleare i requisiti “impliciti” della significatività dimensionale e offensiva dell’evento lesivo, anche sulla scorta della stratificazione di una analoga giurisprudenza di legittimità (sent. 327/2008).
Può ricordarsi poi la dichiarazione di infondatezza delle questioni poste in relazione al delitto di atti persecutori (art. 612 bis c.p.) – con particolare riferimento al difetto di determinatezza della condotta e di altri requisiti costitutivi della fattispecie (il “perdurante e grave stato di ansia e di paura”, la “fondatezza” del timore, le “abitudini di vita”) – fondata sull’apporto del c.d. “diritto vivente” nella profilatura in concreto dei contorni dell’illecito penale (sent. 172/2014).
Da ultimo la Corte costituzionale è intervenuta in materia di istigazione o aiuto al suicidio (art. 580 c.p.), affermando la legittimità, a determinate e stringenti condizioni, dell’agevolazione del c.d. suicidio medicalmente assistito e, per converso, la parziale incostituzionalità dell’art. 580 c.p., per violazione degli artt. 2, 13 e 32, comma 2, Cost. (sent. 242/2019). Ad essere attinta dal giudizio di incostituzionalità è la mancata esclusione della punibilità di chi “con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 l. n. 2019 del 2017 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) agevola l’esecuzione del proposito suicida, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente”@.
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