testi ed ipertesti

Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta

Capitolo VIII | La parte speciale codicistica

di Fausto Giunta

 

1. L’organizzazione della materia

 

 1.1. Prima di esaminare i caratteri della parte speciale del codice Rocco, quale risulta a seguito delle tante innovazioni introdotte nei suoi oltre novant’anni di vita, è opportuno soffermarsi su un aspetto preliminare, che riguarda l’organizzazione della materia. La classificazione dei reati, infatti, costituisce una caratteristica ordinatoria della codificazione penale, quale forma di legislazione organica per antonomasia e, come tale, destinata ad esprimere, se non il diritto penale nella sua interezza, almeno il suo nucleo principale e più significativo.

 Per quanto riguarda la parte speciale del codice, del tutto inidonei appaiono i criteri formali ed estrinseci, come potrebbe essere l’ordine alfabetico delle singole figure di reato in base ai rispettivi nomina iuris. Una siffatta soluzione non consentirebbe di cogliere le specificità dei singoli reati. Ne risulterebbe compromessa la funzione principale della classificazione dei reati, che è quella di esprimere una visione complessiva e coerente dei contenuti normativi della parte speciale codicistica.

 Del resto, che la sistematica della parte speciale non sia fine a se stessa, ma comporti possibili ricadute sull’attività ermeneutica, lo conferma il tradizionale e generale canone della c.d. interpretazione sistematico-testuale, volto a desumere la voluntas legis dalla sedes materiae degli enunciati normativi@. Perché ciò accada, però, è necessario che i criteri legislativi di classificazione siano corretti. Nel caso contrario la sistematica codicistica diventa inidonea allo scopo. Si pensi, ad esempio, all’improprietà e finanche erroneità della classificazione dei delitti contro il patrimonio contenuti nel Titolo XIII c.p.: la categoria degli illeciti commessi con violenza si apre con il reato di furto, che si caratterizza per una condotta per lo più clandestina e comunque non violenta; per converso tra i delitti commessi con frode è collocata l’appropriazione indebita che è un reato di aggressione unilaterale privo di componenti ingannatorie@.

 1.2. La dottrina che si è occupata di questa tematica ha elaborato criteri di classificazione assai vari. Qui è sufficiente ricordare la proposta di raggruppare i reati in base alle modalità della condotta, distinguendo a seconda che si tratti di reati violenti, fraudolenti o clandestini. Da altra angolazione, si è ritenuto che la sistemazione legislativa dei fatti di reato dovesse avvenire in ragione dell’elemento soggettivo: separando cioè i reati dolosi da quelli colposi. Non è mancato, infine, chi ha proposto una classificazione fondata sui moventi, distinguendo i reati a seconda che siano commessi per istinto o di proposito, per vantaggio economico o per stato di bisogno ecc. In Italia questa impostazione è stata patrocinata dalla Scuola positiva; è pur vero che un analogo criterio sistematico è rinvenibile nella letteratura straniera@.

 Com’è evidente, le scelte classificatorie della parte speciale sono coerente espressione di un preciso modo di concepire il reato. Per esempio, una sistematica imperniata sui moventi è coerente con un diritto penale volto al contenimento della pericolosità soggettiva.

 Nella storia delle codificazioni penali, il criterio classificatorio più seguito è quello del bene tutelato, di matrice chiaramente liberale. Va tenuto presente, infatti, che le codificazioni penali fioriscono nell’epoca del progressivo superamento (e poi del definitivo abbandono) del concetto di reato come crimen laesae maiestatis ovvero come violazione dell’obbligo di obbedienza e di fedeltà al sovrano. Ebbene, col finire del­l’assolutismo, si viene affermando progressivamente l’idea del reato come lesione di un bene (o interesse) individuale o collettivo; concetto, questo, che, già nelle prime elaborazioni illuministiche, operava a presidio delle libertà individuali di fronte al potere di punire. In particolare, l’impiego del bene tutelato, quale criterio di sistemazione della parte speciale, trova un evidente e ampio accoglimento nella nostra tradizione codicistica. Si pensi al codice di Parma, Piacenza e Guastalla (1820)@, al codice Toscano (1853)@ e al codice Zanardelli (1889)@. Da allora, l’articolazione sistematica della parte speciale intorno al concetto di bene giuridico è diventata una costante delle moderne codificazioni penali, come dimostrano le più recenti legislazioni straniere, quali il codice penale austriaco del 1974@, il codice penale francese del 1994@ e i codici penale spagnolo@ e portoghese@, entrambi del 1995.

 1.3. Quanto al codice Rocco, anch’esso articola e distribuisce la parte speciale in base al criterio dell’oggetto giuridico di categoria, ossia sulla scorta del bene o interesse che, accomunando più fattispecie incriminatrici, consente un razionale raggruppamento dei reati. Tuttavia, proprio perché comune a più figure di reato, il bene giuridico di categoria non può costituire un criterio sistematico esclusivo. Infatti, esso viene integrato dal criterio dell’oggetto giuridico specifico, ossia del bene tutelato da una singola fattispecie o da un più ristretto gruppo di fattispecie. Si pensi al Titolo XII dedicato ai delitti contro la persona, che al suo interno si articola in capi e sezioni, a seconda che l’offesa riguardi la vita, l’integrità, la libertà personale, l’onore, ecc. In secondo luogo, va tenuto presente che spesso, nella classificazione dei reati, il criterio del bene giuridico viene integrato da quello che fa leva sulle modalità della condotta, come accade nel Titolo XIII, in materia di delitti contro il patrimonio. Infine, il legislatore utilizza talvolta l’elemento soggettivo come criterio ordinatorio interno a una classe di reati già individuata sulla base dello specifico bene giuridico che essi hanno in comune; si pensi, ad esempio, alle fattispecie di omicidio, contenute nel Capo I, del Titolo XII, dove l’ordine di classificazione delle fattispecie distingue ulteriormente a seconda che si tratti di omicidio doloso (art. 575), preterintenzionale (art. 584) o colposo (art. 589).

 

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