Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta
3. La materia penale tra diritto dell’UE e legislatore nazionale. La competenza indiretta
3.1. Il sistema di produzione giuridica dell’Unione europea è, in linea di principio, “leggicentrico”, ossia ancorato alla distinzione tra ius facere e ius dicere. Ciò non significa, però, che il modello legislativo europeo si ispiri alla tradizione del parlamentarismo. Nonostante che il Trattato di Lisbona abbia assicurato maggiore centralità al Parlamento europeo, la complessa procedura di codecisione (oggi: procedura legislativa ordinaria ex art. 294 Tfue) stempera ma non elimina l’impronta governativa della legislazione europea@, e non supera la risalente critica che attiene al deficit di democrazia della produzione normativa eurounitaria@. La “qualità democratica” della norma europea è ancora lontana dall’essere ottimale@. La decisione politica proviene, in misura significativa, da organi certamente democratici, ma non direttamente rappresentativi del corpo elettorale, come tali ammessi solo in via di eccezione, dalla nostra Costituzione, a produrre atti aventi forza di legge nel campo penale. D’altro canto non consola e non giustifica lo strappo al principio della riserva di legge la pur innegabile constatazione che nella nostra esperienza nazionale si sia abusato della legislazione penale governativa@. La misura delle garanzie – in questo caso quella del favor libertatis – non può essere affidata alla logica della concorrenza al ribasso.
3.2. La competenza penale indiretta del diritto dell’UE non smentisce la perdurante centralità della riserva di legge, ai sensi dell’art. 25, comma 2, Cost., la quale risulta anzi funzionale all’attuazione degli obblighi di penalizzazione, che richiedono la collaborazione del parlamento nazionale.
Questi rilievi aiutano a comprendere meglio le ragioni della crisi che la riserva di legge in materia penale sta vivendo soprattutto in Italia, le quali risiedono solo in parte nell’europeizzazione del diritto. Il fattore di crisi più grave ha natura sostanziale e origini nazionali. La riserva di legge introduce infatti un monopolio a favore della scelta politica, purché effettuata con il vincolo modale della procedura legislativa parlamentare. Ebbene, la crisi della politica, segnalata come fenomeno storico e planetario@, è da noi particolarmente acuta e profonda, specie nel campo penale, per il prevalere di visioni propagandistiche e di suggestioni populistiche orientate alla captazione di consensi contingenti ed emozionali. Vista dall’interno, la crisi della politica è un fenomeno più culturale che ordinamentale.
Ciò non significa che il principio della riserva di legge non registri un ulteriore ridimensionamento ad opera di direttive europee che, nell’imporre agli Stati membri obblighi di tutela penale, dettagliano sempre più l’intervento richiesto sotto il profilo della descrizione del fatto da reprimere e della cornice sanzionatoria da comminare.
3.3. A questo proposito, tuttavia, è ancora aperto il dibattito circa l’efficacia vincolante dell’obbligo di penalizzazione. L’idea che il parlamento nazionale sia tenuto a un recepimento meccanico e acritico, in definitiva “cieco”, appare estrema in ragione delle sue possibili conseguenze sia sul piano degli equilibri costituzionali, sia su quello della razionalità complessiva del sistema sanzionatorio interno@.
Quanto ai primi, la degradazione del legislatore nazionale a mero passacarte sanzionatorio trasformerebbe la riserva di legge – se si passa l’espressione volutamente contraddittoria – in un “principio formale”, in quanto deprivato dei contenuti decisionali ad esso storicamente riconosciuti. Ciò equivarrebbe, a dispetto delle enunciazioni, al surrettizio riconoscimento in capo al diritto dell’UE, di una competenza penale in realtà diretta, appena schermata da un’intercapedine fittizia.
Con riguardo agli inconvenienti del secondo tipo, la concezione dell’obbligo di tutela alla stregua di un vincolo assoluto, come tale insuscettibile di adattamento al sistema che deve recepirlo, espone il diritto interno a disarmonie introdotte a colpi di ariete, tutte le volte in cui, in relazione a specifiche forme di criminalità, venga richiesta una risposta sanzionatoria sproporzionata per eccesso rispetto alla dosimetria che ispira il sistema interno nel suo complesso. L’obbligo di tutela penale non può perseguire la logica di risultato fino al punto di compromettere la razionalità e la gradualità del diritto interno. Non bisogna scordare che il legislatore nazionale è gravato da un vincolo di fedeltà bidirezionale, nei confronti sia del diritto dell’UE, sia dell’ordinamento interno, ancorato, tra l’altro, al principio di uguaglianza di trattamento. In quest’ottica il compito dei legislatori nazionali non è quello di rivendicare un’attribuzione penalistica formale, ma di trovare il punto di equilibrio tra due doveri di fedeltà.
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