testi ed ipertesti

Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta

4. Interpretare l’interpretazione

di Fausto Giunta

 

 4.1. Anche il termine interpretare va correttamente inteso, perché molteplici sono i suoi usi Interpretare può significare leggere, comprendere, spiegare, eseguire e via discorrendo.

 L’interpretazione ha un oggetto, che può consistere a sua volta anche nella precedente interpretazione di qualcosa. Volendo, rispetto a uno stesso dato di realtà, si può distinguere l’interpretazione di primo grado o diretta e quella di secondo grado o indiretta, quando l’interpretazione del dato finale avviene attraverso il filtro di una sua pregressa interpretazione.

 Si consideri la poesia “L’infinito” di Giacomo Leopardi@. Studiarla significa interpretarne in modo diretto il testo e, indirettamente, la condizione umana del poeta, ulteriormente generalizzabile. Pietro Citati, che ha scritto di recente su Leopardi@, ricostruisce in modo minuzioso la vita e la malattia del poeta, paragonando, anche sotto il profilo dei rapporti con la famiglia, il piccolo mondo di Recanati a una carcerazione. La poesia è del 1819, l’anno più terribile della vita di Leopardi. Eppure in quella poesia “non c’è minima traccia di dolore”. L’allungamento dello sguardo verso l’infinito “non aveva fondo: era una sensazione irraggiungibile”, incarnava l’idea di evasione dalla “siepe-carcere”@. Come Leopardi scava nella sua vita, così il suo interprete scava, con tutta la profondità di cui è capace, nelle parole del poeta.

 Diversa cosa è l’interpretazione come recitazione. Anche qui l’oggetto è un testo. L’attore ha licenza di integrare quanto non è indicato dal componimento poetico. Al di fuori di quest’ambito l’esecuzione non è più tale e non può parlarsi di recitazione. In particolare ritmo, pause e intonazione possono mutare sensibilmente come testimoniano i video linkati di seguito@Per quanto tra loro diverse, le “letture” selezionate sono tutte consentite dal testo. Le regole sulla suddivisione temporale, tipiche della scrittura (e affidate essenzialmente alla punteggiatura), non sono infatti stringenti come quelle di uno spartito musicale. Questo spiega perché nella musica classica, eseguita nel rispetto dello spartito, il testo vincola maggiormente l’esecuzione. La diversità delle interpretazioni, pure innegabili, sono tra loro meno distanti.

 Ne è una conferma la musica leggera di solito eseguita “a orecchio” da cantanti non musicisti. Essa si presta a esecuzioni più libere, come dimostra il brano musicale che segue@. Questa “discrezionalità interpretativa” però non è illimitata. Anche il remake ha le sue regole. L’atto creativo produce un nuovo prodotto. Una citazione non è una interpretazione@.

 4.2. Tornando al diritto, la libertà ermeneutica non è la stessa nei vari rami dell’ordinamento. Nel diritto penale, stante l’incidenza sulla persona del reo, il vincolo al testo ha funzione garantistica e, per questa ragione, è particolarmente stringente specie quando ha ad oggetto norme incriminatrici.  Non solo: il principio di uguaglianza dei cittadini sarebbe poca cosa se valesse solo di fronte alla legge e non anche di fronte alla sua interpretazione.

 Ciò spiega, ma non giustifica, il netto disfavore che già Cesare Beccaria esprimeva nei confronti dell’interpretazione giudiziale e teleologica in specie@. Per ovviare al rischio del relativismo ermeneutico, infatti, Beccaria finiva per negare l’importanza del momento applicativo, che non può essere ridotto a un automatismo meccanicistico. Un epilogo, questo, ingenuo e irrealistico. Un sistema affidato a precetti massimamente formalizzati al punto da poter funzionare senza passare dall’interpretazione, sarebbe utopistico. La semplificazione del divieto penale attraverso la sua riproposizione simbolica costituisce l’eccezione, non la regola. Il codice penale non può aspirare allo schematismo comunicativo tipico del semaforo, per via della complessità della vita sociale che la norma penale è chiamata a regolare.

 In un certo qual senso Beccaria è stato il precursore di quel filone di pensiero secondo il quale, come per la geometria euclidea per due punti passa una sola retta, per tre punti non allineati un solo piano, così l’enunciato normativo consentirebbe un’unica interpretazione.

 4.3. A questo irrealistico dogma si è contrapposta nel tempo la tesi, altrettanto unilaterale, del numero illimitato delle interpretazioni@, fino all’affermazione estrema secondo cui “non ci sono fatti ma solo interpretazioni”@, la quale in fin dei conti “mette in questione la nozione di ‘fatto’ come qualcosa di indipendente dalle nostre interpretazioni”, giungendo a negare il concetto stesso di verità”@.

 Sennonché quest’ultimo fortunato aforisma è stato spesso equivocato. Esso non rappresenta un manifesto dell’antirealismo, ma un temperamento dei valori supremi e dell’approccio positivistico che si è sviluppato a partire dall’Ottocento. Il monito nietzschiano ci ricorda che il nostro mondo, comprensivo dei valori assoluti offerti dalle religioni e dalle ideologie, non è autoevidente e incontrovertibile, ma richiede per la sua conoscenza un vaglio critico e razionale. Per quel che più ci interessa, il riferimento all’importanza dell’interpretazione non intende né negare l’esistenza del reale, né contestare che l’interpretazione ha regole sue proprie@, né, ancora, affermare una sorta di relativismo cognitivo universale. Anche l’affermazione “esistono solo interpretazioni” è un’interpretazione@.

 D’altro canto, Il linguaggio non sempre è equivoco; come minimo, non lo è nella misura in cui consente di riconoscere significati certamente arbitrari@. Considerarlo tale per definizione è una mistificazione. Nel diritto penale, il linguaggio, a partire da quello legislativo, non è solo scorza formale: i suoi significati costituiscono sostanza garantistica, delimitando il fatto tipico e conseguentemente il raggio di azione della pena. Da questo punto di vista l’art. 12 delle preleggi assume una rilevanza costituzionale@. L’interprete manipolatore ambisce a sostituirsi al legislatore, senza averne titolo. La sua scelta politico-criminale potrebbe essere anche migliore e preferibile, ma non è prevista dalle regole generali del sistema, per le quali la parola legislativa è ad un tempo il percorso e l’argine insuperabile del diritto penale.

 Anche nel diritto penale lo “spartito” guida e vincola l’interprete@.

 

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