Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta
Capitolo V | L’interpretazione della legge penale
1. Un mondo di parole
di Fausto Giunta
1.1. Si è già detto che il diritto penale è linguaggio regolativo, è comunicazione sociale: l’enunciato normativo svolge la sua funzione di orientamento comportamentale comunicando la regola di condotta. La prevenzione generale usa tutti i possibili canali di comunicazione. In primis la pubblicazione della disposizione penale nella Gazzetta Ufficiale. In secundis la sua diffusione massmediatica. Anche il passaparola svolge un suo ruolo. È meno affidabile, ma questa è altra questione.
La comunicazione si avvale di un vettore: la parola, che esporta e importa significati. È l’altra faccia della socialità. Quanto al significato, la parola può essere chiara o oscura, ossia univoca o polisensa. Distinguere i vari casi non è facile. In parte il risultato dipende dal segno in sé (ossia dalla maggiore o minore ampiezza dell’area semantica), in parte può derivare dal contesto linguistico (ossia dai significati degli altri segni compresenti nel medesimo enunciato normativo).
Il linguaggio governa i necessari meccanismi comunicativi del sistema penale. Nei manuali giuridici il tema sembra trascurato. In realtà se ne parla in modo implicito: “alla legalità linguistica corrisponde la legalità giuridica”@. Ciò vale anche e soprattutto nel diritto penale per disposto costituzionale (art. 25, comma 2).
1.2. L’enunciato normativo penale va scritto per essere letto secondo le regole del linguaggio; fa da vettore di significati, suscettibili di essere compresi dai comunicanti@; deve essere rispettato dal destinatario, sul quale grava un obbligo di conformazione. Di regola i comunicanti si trovano in posizione di parità. Il diritto penale, in ragione del suo carattere autoritario, fa eccezione. L’artefice impone l’enunciato e i suoi contenuti regolativi; il cittadino deve rispettarli.
Per molto tempo il linguaggio penalistico è stato visto ed esaminato dall’angolo visuale di chi ha il potere di porre la disposizione normativa, che, nel nostro, come in altri ordinamenti di civil law, è il legislatore. Si è approfondito soprattutto il momento della scrittura. È rimasta nell’ombra l’altra faccia del linguaggio giuridico, che guarda verso i destinatari dell’enunciato, ossia cittadini e giuristi, tanto pratici, quanto teorici. Oggi si tende, giustamente, a rivalutare quest’ultima dimensione del linguaggio giuridico. Da qui una triplice linea di tendenza, che può sintetizzarsi come segue: artefice vs destinatario; scrittura vs lettura; divieto vs osservanza.
I destinatari dell’enunciato normativo penale entrano in comunicazione con i suoi contenuti in momenti diversi. Con il cittadino la disposizione parla ex ante, ossia prima che egli agisca. Per lui l’enunciato normativo è regola di condotta. L’operatore del diritto (il giudice, in primo luogo) prende in considerazione la disposizione dopo il fatto. La considera, cioè, come regola di giudizio.
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