testi ed ipertesti

Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta

Capitolo IV | Le tecniche normative

di Fausto Giunta

 

1. Il linguaggio legislativo

 

 1.1. Il diritto, per perseguire i propri fini, comunica, e per comunicare usa il linguaggio comune, che talvolta diventa gergale, perché assume significati specialistici@. Gli immancabili tecnicismi non valgono, tuttavia a “separare” il linguaggio penalistico da quello comune. Il primo rimane una specie del secondo@.

 Il linguaggio è fatto di parole dette e di parole scritte. Il diritto le usa entrambe. Il processo penale privilegia le prime, il diritto sostanziale le seconde, attraverso le quali individua i fatti di reato e stabilisce le rispettive cornici sanzionatorie. Nella nostra tradizione giuridica la legalità è il linguaggio del diritto penale.

 La precisione che può raggiungere il linguaggio non va mitizzata.  Non ogni enunciato scritto è preciso, là dove tale può essere invece un’espressione orale, per esempio un ordine militare, che – come la legge penale – è destinato a motivare il destinatario al comportamento richiesto.

 Certo  è che non si può prescindere dal linguaggio, il quale non si esaurisce nel vocabolario. Fondamentale è la connessione tra i vari segni, che ci consente di correggere, a seconda dei contesti, il carattere perlopiù polisenso delle parole e di comprenderne al meglio i significati@. Il linguaggio della legge deve essere il punto d’incontro tra il popolo, quale destinatario dei precetti penali, e l’autorità preposta a sanzionarne la violazione.

 1.2. Il diritto penale non è solo regola di giudizio rivolta alla giurisdizione; è principalmente regola di condotta per i cittadini. Quest’ultima funzione prevale sulla prima, in quanto i contenuti repressivi del diritto penale, suscettibili di essere inflitti con la sentenza di condanna, non devono poter eccedere l’area del divieto quale appariva agli occhi del cittadino prima che questi agisse.

 Per dirla con altre parole, la legalità ambisce alla certezza del diritto sub specie di garanzia contro sconfinamenti persecutori, che costituiscono il rischio, niente affatto astratto, dei sistemi punitivi. Quando vi è un’accettabile corrispondenza tra regola di condotta e regola di giudizio, la funzione orientativa e quella garantistica della legge penale vengono a coincidere. Ne deriva una specularità virtuosa tra la ricerca dell’efficacia generalpreventiva e le esigenze di giustizia sostanziale, presupponendo entrambe che il reo sia stato adeguatamente motivato al comportamento alternativo lecito.

 La funzione garantistica della legalità è ben compatibile, tuttavia, con una contrazione applicativa della legge penale rispetto alla portata massima del suo significato letterale, quando la formalizzazione della tutela risulti in concreto inoffensiva (la sottrazione e l’impossessamento un acino di uva corrisponde alla descrizione del delitto di furto contenuta nell’art. 624 c.p., non al suo concreto disvalore). La testualità della legalità, infatti, segna un confine invalicabile per il giudice. L’interpretazione, mentre non può superare il significato massimo delle parole, può legittimamente optare per significati restrittivi.

 

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