testi ed ipertesti

Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta

22. L’autoriciclaggio

 

 22.1. Sembra avviarsi al tramonto il diritto penale per così dire chirurgico, caratterizzato dal bisturi della determinatezza e della frammentarietà. In più settori si sta affermando l’opposto modello “chemioterapico”, in quanto distruttivo delle cellule malate, di quelle ad esse prossime, ma anche di un congruo numero di cellule sane, sacrificate in nome dell’efficacia della cura sociale.

 Un eloquente punto di emersione di questa tendenza è rappresentato dal nuovo delitto di autoriciclaggio, che è destinato a cambiare in profondità il diritto penale economico. Non soltanto in ragione delle finalità palesi che esso persegue – tra cui spicca il contrasto del reimpiego di ricchezza illecita – ma anche per le dinamiche investigative che favorisce. Si tratta, infatti, di una fattispecie-grimaldello o trappola, dalla quale si può uscire al prezzo di una collaborazione altrettanto indeterminata, che solo l’autorità inquirente potrà, se vorrà, precisare.

 22.2. L’autoriciclaggio è il reato di colui che, avendo commesso o concorso a commettere un delitto, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza illecita.

 Si tratta di un reato proprio, posto che l’agente può essere alternativamente l’autore del reato c.d. presupposto ovvero un suo concorrente ai sensi dell’art. 110 c.p. Viene superata in severità, dunque, la linea politico-criminale fatta propria dal codice Rocco che, per esigenze di proporzione punitiva, considerava il consolidamento o l’occultamento del profitto patrimoniale di provenienza illecita un postfatto penalmente irrilevante. Oggi, l’autoriciclaggio può concorrere con il reato presupposto.

 22.3. Oggetto materiale del reato può essere qualunque utilità. Quest’ultimo termine, dal significato amplissimo, comprende ogni forma di ricchezza smaterializzata, che provenga da qualsiasi delitto, doloso o colposo, consumato o tentato. La condotta consiste nel suo reimpiego in attività lucrative di qualunque genere. Ciò rafforza la tesi che coglie il bene giuridico tutelato specificamente nell’alterazione delle regole della corretta concorrenza tra operatori economici.

 Il reimpiego del denaro o delle utilità deve avvenire in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza illecita. Si tratta di un reato di pericolo concreto.

 Il dolo è generico.

 Non è punibile il reimpiego che avviene per il godimento personale dell’auto-riciclatore persona fisica (art. 648-ter.1, comma 5).

 22.4. La pena è diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l’individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto.

 

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