testi ed ipertesti

Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta

21. L’impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita

 

 L’impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, previsto all’art. 648-ter, assoggetta a pena colui che, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli artt. 648 e 648-bis, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto.

 Questa previsione di reato, comunemente chiamata “reimpiego” è alla ricerca, per il vero vana, di un apprezzabile spazio applicativo autonomo, posto che le condotte ivi tipizzate sono destinate a rilevare, stante la clausola di riserva a favore dell’art. 648-bis c.p., come riciclaggio.

 Da qui la magra conclusione che il delitto di reimpiego scatterebbe in relazione ai casi in cui le condotte, di per sé tipiche ai sensi del delitto di ricettazione o riciclaggio, vengano finalizzate sin dall’origine al reimpiego dei beni in attività economiche e finanziarie.

 Com’è stato opportunamente osservato@, la condotta è descritta in termini atecnici e estremamente lai, ragion per cui il termine “impiegare” non va inteso nel senso di “utilizzare” per qualunque scopo, ma in quello più ristretto di investimento in nuove attività economiche o finanziarie. Non costituisce reato il reimpiego dei capitali in qualunque altro tipo di attività anche di natura patrimoniale, come il mantenimento della famiglia, l’acquisto di un’abitazione e via discorrendo.

 Salvo quanto si è già detto con riguardo al riciclaggio (v. supra § 20.4), il dolo è generico.

 

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