testi ed ipertesti

Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta

5. L’appropriazione indebita

 

 5.1. L’appropriazione indebita è un reato proprio previsto dall’art. 646 c.p. Il soggetto attivo, infatti, è il possessore, a qualsiasi titolo, del denaro o della cosa mobile, ossia colui che esercita su di essi un’autonoma disponibilità di fatto per conto di altri. Se la cosa è posseduta per tramite di un terzo (c.d. possesso indiretto), potrà essere solamente quest’ultimo l’autore dell’appropriazione indebita. Il possesso deve intendersi esclusivo. Conseguentemente nel caso di compossesso, ossia di signoria sulla cosa esercitata da più persone contemporaneamente, l’appropriazione indebita potrà configurarsi solo ad opera di tutti i compossessori in concorso tra loro.

 Da quanto precede si evince che nella cornice dell’art. 646 c.p. la nozione di possesso non è un elemento normativo della fattispecie. Vale a dire che non va inteso in senso civilistico, ma come situazione di fatto. Tra la concezione penalistica e quella civilistica di possesso non vi è coincidenza. A questa conclusione si giunge per ragioni sistematiche, che riguardano i rapporti tra la fattispecie in esame e quella del furto. Se si muovesse dalla nozione civilistica di possesso, si dovrebbe l’appropriazione indebita da parte, per esempio, di chi ha ricevuto la cosa in comodato (v. amplius supra § 2.2.).

 La condotta tipica consiste nel far proprio l’oggetto materiale, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto. In modo semplice ed efficace si è detto che l’appropriazione deve estrinsecarsi in atti esterni di signoria, nel comportarsi come se la cosa sia propria@.

 5.2. Assume rilevanza di condotta appropriativa penalmente rilevante qualsiasi atto di disposizione tipico del proprietario come, per esempio, il consumo, la cessione a terzi in buona fede, la distruzione e la trasformazione della cosa. Anche l’omessa restituzione (quando è doverosa, perché, per esempio, è giunto a termine il tempo del legittimo possesso) può costituire un atto appropriativo, alla condizione che non si tratti di una mera omissione, ma si accompagni a una condotta attiva, la c.d. ritenzione, che esprima l’inclusione della cosa nel patrimonio del reo. Costituisce, pertanto, appropriazione indebita la mancata riconsegna alla biblioteca universitaria del libro preso in prestito, quando essa è espressiva di un interversio possessionis, ossia di un mutato rapporto con il bene, il cui possesso prosegue con la pienezza dei poteri tipici del proprietario. Per il principio di materialità non basta un semplice mutamento dell’animus, richiedendosi atti esteriori (come nel caso del libro che viene fatto rilegare per assecondare le preferenze estetiche del reo).

 Tanto considerato non può condividersi la giurisprudenza di legittimità che ha ravvisato l’appropriazione indebita nel comportamento dell’imputato, il quale, avendo ricevuto un bonifico bancario, effettuato per errore sul suo conto corrente, non lo avrebbe restituito@, trattandosi di un inadempimento puramente civilistico.

 5.3. La pena è aumentata se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario.

 5.4. Il dolo è specifico, essendo richiesto il fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto.

 

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