testi ed ipertesti

Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta

Capitolo XXVIII | Delitti contro il patrimonio

di Fausto Giunta

 

1. Partizioni sistematiche e classificatorie

 

 1.1. Il codice penale parla dei delitti contro il patrimonio in diversi contesti normativi.

 Vengono in rilievo innanzitutto le fattispecie incriminatrici raccolte nel Titolo XIII, intitolato per l’appunto “Dei delitti contro il patrimonio”.

 In secondo luogo devono considerarsi gli artt. 61 n. 7 e 62 n. 4 c.p., i quali prevedono due circostanze comuni, l’una, aggravante, concernente il danno di rilevante gravità, l’altra, attenuante, relativa al danno di speciale tenuità. Entrambe si applicano ai delitti che “comunque offendono il patrimonio”, indipendentemente dalla loro collocazione sistematica.

 Anche al di fuori del Titolo XIII c.p., dunque, esistono reati la cui plurioffensività abbraccia interessi patrimoniali (si pensi, solo per evocare una di queste fattispecie, alla violazione degli obblighi di assistenza familiare ex art. 570 c.p.). Per converso, tra i delitti compresi nel titolo XIII c.p. ve ne sono alcuni lesivi, oltre che del patrimonio, anche di altri beni giuridici, come, per esempio, la libertà morale offesa tanto dalla rapina (art. 628 c.p.), quanto dall’estorsione (art. 629 c.p.). In quest’ambito rientra oggi anche il danneggiamento (art. 635 c.p.).

 Si discute, poi, se sia corretta la collocazione tra i delitti in parola del sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.), quale ipotesi speciale del sequestro a dolo generico previsto nel titolo XII (art. 605 c.p.). In effetti, l’elemento di patrimonialità del sequestro estorsivo risiede nell’oggetto del dolo specifico, ossia nello scopo di conseguire, per sé o per altri, un ingiusto profitto quale prezzo della liberazione del soggetto passivo. Esaurendosi la finalizzazione estorsiva nella sfera psicologica dell’agente, essa non incide sul piano dell’offesa, che resta ancorata esclusivamente alla libertà personale@.

 Di recente ha suscitato perplessità, infine, il mantenimento dell’usura (art. 644 c.p.) tra i delitti contro il patrimonio. Secondo parte della dottrina, dopo la riforma della fattispecie incriminatrice, ad opera della legge 7 marzo 1996, n. 108, l’usura avrebbe mutato natura. A differenza della formulazione codicistica originaria, che era incardinata sul requisito dell’approfittamento dell’altrui stato di bisogno, quella vigente fonda il disvalore del fatto esclusivamente sul carattere usurario degli interessi o dei vantaggi. Se ne trae la conclusione che si tratterebbe di un delitto contro il bene superindividuale della regolarità del mercato creditizio@. Ma sul punto si avrà modo di tornare (v. infra § 16).

 Analoghe riserve sulla correttezza della loro collocazione nella topografia codicistica sono state avanzate in relazione al riciclaggio, ritenuto piuttosto un delitto economico@.

 1.2. La nostra attenzione si concentrerà esclusivamente sulle figure di reato previste, a torto o a ragione, nel Titolo XIII, la cui partizione interna tra delitti commessi mediante violenza e delitti commessi con frode è alquanto incoerente. Il furto, per esempio, seppur classificato come delitto con violenza, non richiede una siffatta modalità di condotta; dal punto di vista criminologico, anzi, la sua caratteristica più frequente è quella di essere realizzato in modo clandestino.

 Preferibile è, dunque, una diversa e diffusa classificazione di matrice dottrinale, che distingue e raggruppa i reati del Titolo XIII in due categorie.

 Alla prima appartengono i delitti di aggressione unilaterale, nei quali la condotta tipica cade direttamente sull’altrui bene patrimoniale, come nel caso delle fattispecie di sottrazione, appropriazione, danneggiamento e turbativa.

 Nella seconda categoria rientrano i delitti con la cooperazione (viziata o condizionata) del soggetto passivo, che si auto-danneggia attraverso il compimento di un atto di disposizione patrimoniale. In questi casi l’agente sfrutta la situazione di inferiorità del soggetto passivo o ne condiziona il comportamento in modo coercitivo o fraudolento.

 Per quanto condivisibile, però, l’anzidetta distinzione non è esaustiva. Vi sono figure di reato, comprese nel Titolo XIII, che non sono riconducibili in nessuno dei due gruppi, ma possono validamente raggrupparsi in una terza categoria residuale: quella dei delitti di consolidamento e perpetrazione del danno patrimoniale. Il riferimento è alla ricettazione (art. 648 c.p.), al riciclaggio (art. 648-bis c.p.) e all’impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter c.p.), di cui si dirà avanti (v. infra, § 18).

 

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