Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta
10. Fattispecie di perturbazione del regolare svolgimento dell’attività negoziale della P.A.
10.1. Un ultimo gruppo di reati tendenzialmente omogeneo, almeno dal punto di vista della finalità della tutela, sembra essere quello contemplato dagli artt. 353, 353-bis, 354, 355 e 356 c.p. Tali figure criminose, infatti, parrebbero unitariamente orientate a salvaguardare il regolare svolgimento dell’attività negoziale della P.A., attraverso la quale gli enti pubblici acquisiscono sul mercato, nel rispetto di determinate procedure, i beni ed i servizi necessari all’espletamento delle loro funzioni istituzionali.
In particolare, i primi tre dei delitti appena richiamati sono intesi a reprimere quell’ampia e variegata gamma di condotte, siano esse di natura violenta che fraudolenta, che perturbano il regolare svolgimento delle procedure mediante le quali la legge – ed oggi, precipuamente, il c.d. «codice dei contratti pubblici» di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 – disciplina le forme di acquisizione di beni e servizi da parte della P.A., garantendo che esse si svolgano nel rispetto della piena libertà decisionale dell’ente pubblico ed in regime di reale concorrenza tra gli operatori privati.
È così che, sotto l’ampia rubrica di «Turbata libertà degli incanti», l’art. 353 c.p. punisce colui che, mediante «violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti», «impedisce o turba» i procedimenti negoziali della P.A., ovvero «ne allontana gli offerenti». Da parte propria, il delitto di «Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente», introdotto all’art. 353-bis c.p. dalla l. n. 136 del 2010, ha inteso irrobustire la tutela del regolare svolgimento delle gare alle quali la P.A. è interessata, con particolare riferimento alla fase prodromica della predisposizione del bando di gara, incriminando colui che, con le stesse modalità di condotta tipizzate dall’art. 353 c.p., «turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente». Chiude il plesso penalistico qui in rilievo la fattispecie dell’art. 354 c.p., che, in piena consonanza con la propria rubrica legis, intitolata alla «Astensione dagli incanti», punisce colui che, per denaro od altra utilità, appunto «si astiene dal concorrere agli incanti o alle licitazioni indicati nell’articolo precedente».
10.2. I delitti recati dagli artt. 355 e 356 c.p. parrebbero invece agire – si passi l’espressione – “a valle” della procedura negoziale, allorquando, cioè, il contraente è chiamato a dare esecuzione alle prestazioni concordate con la P.A. ovvero con un privato che svolga un servizio pubblico o di pubblica necessità. Da queste disposizioni incriminatrice traspare, forse più che da altre, il rilievo del tutto particolare che il legislatore del 1930 ha inteso riconoscere all’interesse pubblico, anche a quello di natura economica. Tale riguardo appare infatti evidente laddove si consideri che, nella sostanza, le fattispecie de quibus reprimono con la pena quelle che, propriamente, sembrano essere violazioni degli obblighi contrattuali, le quali, di norma, risultano sanzionate dall’ordinamento con gli strumenti del diritto civile o, al più, con i comuni reati contro il patrimonio.
In particolare, sotto la rubrica «Inadempimento di contratti di pubbliche forniture», l’art. 355 c.p. punisce a titolo delittuoso chiunque «non adempiendo gli obblighi che gli derivano da un contratto di fornitura concluso con lo Stato, o con un altro ente pubblico, ovvero con un’impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessità, fa mancare, in tutto o in parte, cose od opere, che siano necessarie a uno stabilimento pubblico o ad un pubblico servizio». La disposizione contempla inoltre previsioni aggravanti che tengono conto dell’importanza – nell’ottica del legislatore – dell’oggetto della prestazione contrattuale inadempiuta (comma 2), l’espressa tipicità della realizzazione colposa del fatto delittuoso (comma 3), nonché l’estensione della responsabilità anche ai subfornitori, ai mediatori ed ai rappresentanti dei fornitori (comma 3). Da parte propria, l’art. 356 c.p., rubricato «Frode nelle pubbliche forniture», punisce chiunque commette – forse un poco genericamente – «frode» nella «esecuzione dei contratti di fornitura o nell’adempimento degli altri obblighi contrattuali indicati nell’articolo precedente», salvo inoltre riproporre il medesimo aggravio di pena per gli stessi casi contemplati dal secondo comma di quest’ultimo.
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