Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta
5. La violenza sessuale mediante induzione
Come anticipato, ulteriori forme di violenza sessuale, caratterizzate però dall’assenza di indici di costrizione, sono previste nel secondo comma dell’art. 609-bis c.p., ai nn. 1 e 2. In queste ipotesi si attribuisce rilievo alla condotta di induzione al compimento degli atti sessuali sfruttando una delle condizioni, espressamente contemplate dalla norma, che evidenzierebbero la formazione di un consenso viziato.
Più precisamente, la prima fattispecie riguarda il caso in cui l’agente, “abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica” della vittima al momento del fatto, la induca a compiere o subire atti sessuali. In forza di siffatta previsione, il rapporto sessuale diviene illecito quando risulti caratterizzato da “un differenziale di potere” tra le parti@, posto che l’agente sfrutta una condizione di fragilità psichica o fisica della vittima. In diverse occasioni si è, peraltro, precisato che possono rientrare “tra le condizioni di inferiorità psichica o fisica, previste dall’art. 609-bis, comma 1, n. 1, c. p., anche quelle conseguenti alla volontaria assunzione di alcolici o di stupefacenti, in quanto anche in tali casi la situazione di menomazione della vittima, a prescindere da chi l’abbia provocata, può essere strumentalizzata per il soddisfacimento degli impulsi sessuali dell’agente”@. Sennonché, la dottrina ha evidenziato la problematicità insita in siffatta generalizzazione e la necessità che la condotta di abusiva prevaricazione, anche in questi casi, debba aver generato un assenso che altrimenti non sarebbe stato prestato, escludendo, dunque, la rilevanza penale di atti sessuali compiuti in presenza di assensi artificiali ma “spontanei”@.
La seconda (e meno frequente) ipotesi di violenza sessuale per induzione riguarda, invece, il caso in cui la vittima sia stata tratta in inganno “per essersi il colpevole sostituito ad altra persona”@.
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