Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta
3. La nozione di “atto sessuale”
L’art. 609-bis c.p. contempla due distinte ipotesi di violenza sessuale. Infatti, mentre ai sensi della previsione di cui al primo comma la condotta illecita deve consistere nella costrizione a compiere o a subire atti sessuali mediante violenza, minaccia o abuso di autorità, il secondo comma sanziona la differente condotta di induzione a compiere o a subire i medesimi atti per il tramite o dell’abuso delle condizioni di inferiorità fisica e/o psichica della persona offesa oppure dell’inganno di quest’ultima attuato mediante sostituzione ad altra persona.
Il principale nodo ermeneutico che coinvolge entrambe le forme di integrazione della fattispecie di violenza sessuale è rappresentato dall’individuazione del significato da attribuire al concetto di atti sessuali.
Per quanto sia in dottrina sia in giurisprudenza venga manifestata una netta propensione verso una nozione oggettiva di atto sessuale (da intendersi come atto che si estrinsechi in un contatto con zone del corpo sessualmente pregnanti) a prescindere da una finalizzazione soggettiva dell’agente eventualmente volta a soddisfare le proprie pulsioni@, permangono a tutt’oggi non trascurabili incertezze in merito alla qualificazione di diverse tipologie comportamentali@. Il riferimento è, segnatamente, allo strofinamento in luoghi affollati di determinate parti del corpo@, nonché al bacio, non di rado qualificato come atto sessuale anche là dove si sia concretizzato nel semplice contatto delle labbra con il viso altrui@. Si deve inoltre tenere presente che viene ritenuto contatto corporeo rilevante ai fini dell’integrazione della fattispecie anche quello determinato dall’azione del medesimo soggetto passivo – a ciò costretto – su se stesso; sicché risulterebbe configurabile la violenza sessuale là dove il soggetto attivo, al fine di soddisfare il proprio piacere sessuale, costringa soggetti diversi a compiere o subire atti sessuali@.
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