testi ed ipertesti

Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta

6. La diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti

 

 6.1. La fattispecie descritta dall’art. 612–ter è stata introdotta nel nostro ordinamento dalla l. n. 69 del 2019 (nota come “Codice Rosso”) allo scopo di contrastare il fenomeno emergente della c.d. pornografia non consensuale@, alla luce delle gravi forme di sofferenza psicologica che detto fenomeno può produrre nei confronti delle persone coinvolte@.

 La norma contempla due differenti fattispecie, ugualmente sanzionate e accomunate dall’assenza di consenso alla divulgazione da parte dei soggetti rappresentati nelle immagini diffuse. In entrambi i casi, l’oggetto della illecita diffusione deve consistere in immagini o video destinati a rimanere privati e a contenuto sessualmente esplicito.

 La prima ipotesi (comma 1) si concretizza allorché un soggetto dopo averli realizzati o sottratti, invia, cede, diffonde detti immagini o video. La seconda fattispecie (comma 2) ricorre, invece, quando chi ha ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video, li invia, cede, diffonde al fine di recare nocumento agli interessati. Nel primo caso, soggetto attivo del reato può essere solo il realizzatore delle immagini o del video ovvero l’autore della loro sottrazione. Viceversa, nel secondo caso l’illecito può essere posto in essere da chiunque abbia ricevuto o comunque acquisito il materiale. Parrebbe, invece, da escludere la rilevanza penale della condotta di chi si limiti a mostrare de visu immagini o video ad un’altra persona, senza che vi sia una cessione materiale delle stesse.

 Un ulteriore elemento di differenziazione tra le due fattispecie descritte è da ricercare nel differente elemento soggettivo richiesto, coincidente con il dolo generico per il reato di cui al primo comma e con il dolo specifico per il reato descritto nel secondo comma, per quanto il concetto di nocumento non sembri esplicare una rilevante efficacia selettiva delle tipicità, comprendendo ogni forma di pregiudizio anche di natura morale.

 6.2. Tanto premesso, l’individuazione dello spettro applicativo delle fattispecie in oggetto solleva un quesito cruciale, di recente evidenziato anche dalla prassi applicativa. Ci si chiede, infatti, se il reato possa dirsi integrato anche dalla diffusione di video sessualmente espliciti realizzati all’insaputa dei soggetti coinvolti, oppure se oggetto materiale del reato possa essere solo l’immagine o il video originariamente formato in modo lecito dai protagonisti o da almeno uno di essi@.

 Ebbene, come ricordato da attenta giurisprudenza di merito, il legislatore, nel descrivere il fatto penalmente rilevante, pone due limiti ben precisi, richiedendo, al contempo, che le condotte descritte, da un lato, vengano poste in essere “senza il consenso delle persone rappresentate” (primo limite) e, dall’altro lato, abbiano ad oggetto materiale sessualmente esplicito “destinato a rimanere privato” (secondo limite). Se il primo limite non solleva particolari questioni interpretative, il secondo, invece, “rappresenta allo stesso tempo sia l’aspetto più peculiare della disposizione, sia quello più critico. Invero, in ossequio ai principi dì legalità, tassatività e materialità che permeano l’intero diritto penale, deve necessariamente concludersi nel senso che il legislatore, inserendo l’inciso del vincolo della destinazione privata delle immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, abbia voluto ricorrere all’extrema ratio della sanzione penale con riferimento solo a talune precise condotte, riducendo così, in modo drastico, la portata applicativa del precetto penale”@. In altre parole, l’inciso “destinati a rimanere privati”, chiaramente e indiscutibilmente riferito alle immagini e video, verrebbe a ricoprire, nel processo di ricostruzione della materialità del fatto tipico, “una propria autonomia semantica e giuridica”, conferendo valore penale solo a quelle ipotesi in cui l’invio, la consegna. la cessione, la pubblicazione o la diffusione concernano materiale sessualmente esplicito, precedentemente condiviso o realizzato dalla coppia all’interno di un contesto relazionale connotato da reciproca fiducia@, “per cui al momento della cessazione del rapporto di fiducia stesso, essendo elevato il pericolo di utilizzo del materiale consensualmente realizzato a scopo ritorsivo, il legislatore ha deciso di introdurre una mirata sanzione per arginare tale fenomeno sociale e prevenire la diffusione dì video, o immagini, siffatte, soprattutto online”@.

 6.3. Da siffatte condivisibili considerazioni deriva la conclusione che la diffusione di materiale sessualmente esplicito realizzato da un soggetto estraneo al contesto relazionale non è riconducibile alla fattispecie di reato prevista dall’art. 612–ter c.p., potendo eventualmente applicarsi – nel caso in cui la formazione del video sia avvenuta illegalmente – le fattispecie previste dall’art. 615–bis, comma 2, c.p. (Interferenze illecite nella vita privata) o dall’art. 617–septies c.p. (Diffusione di riprese e registrazioni fraudolente). La peculiarità di queste ultime, rispetto a quelle di cui all’art. 612–ter, sarebbe da ravvisare proprio in un duplice profilo di disvalore, concernente dapprima la fase genetica del materiale e poi la sua propalazione@. Viceversa il delitto di Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti troverebbe la propria specificità nella liceità della fase di formazione del materiale, perché accompagnata dalla volontà dei soggetti coinvolti di formarlo a fini privati. La peculiarità del delitto sarebbe da ricercare “in una sorta di interversio pubblicationis subita dal materiale originariamente destinato a rimanere nel contesto di riservatezza in cui era stato formato. Il che peraltro si presta a spiegare, per quanto possibile, la discutibile collocazione di questa nuova fattispecie di reato, infelicemente inclusa tra i delitti contro la libertà morale”@.

 

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