testi ed ipertesti

Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta

4. La minaccia

 

 4.1. La fattispecie di Minaccia svolge, nell’ambito dei delitti contro la libertà morale, la funzione di incriminare autonomamente la vis psichica in quanto tale e non la violenza–mezzo finalizzata ad un altrui comportamento (come accade, invece, per i già trattati reati di cui agli artt. 610 e 611 c.p.). Sicché, la fattispecie in oggetto integra un’ipotesi sussidiaria, esclusa allorché la minaccia sia specificamente prevista come elemento costitutivo o circostanza aggravante di diverso reato.

 Il bene giuridico tutelato è da ravvisare nella tranquillità morale, vale a dire nell’interesse dell’individuo a vivere libero da preoccupazioni che possano derivare da altrui comportamenti intimidatori. Si tratta, dunque, di interesse prodromico rispetto a quello della libertà di autodeterminazione, oggetto della fattispecie di violenza privata,

 4.2. La minaccia si concretizza con la prospettazione di un male ingiusto, che viene presentato al soggetto passivo come causalmente dipendente, nella sua realizzazione, dalla condotta dell’agente. Diversamente, si avrebbe un semplice avvertimento (si pensi al medico che prospetta al paziente una rapida fine, là dove egli rifiuti le cure). Il pregiudizio minacciato può riguardare sia il medesimo soggetto passivo del reato, sia un terzo a questi legato da rapporti di parentela, affettivi o di solidarietà, ecc.

 La minaccia può essere effettuata in tutte le forme e i modi idonei ad esercitare un’intimidazione. Essa può essere, dunque, diretta o indiretta, reale o simbolica, esplicita o implicita@, ma deve in ogni caso possedere un’effettiva idoneità a turbare la sfera di tranquillità individuale. Per evitare letture esasperatamente vittimocentriche e individuare parametri probatori di natura quanto più possibile oggettiva, sembra preferibile ritenere che detta idoneità debba essere valutata non esclusivamente con gli “occhi della vittima”, bensì secondo massime di esperienza, alla stregua dell’id quod plerumque accidit. Come è stato, infatti, osservato, “poiché il soggetto tutelato non è lo psicopatico o il nevrastenico, ma l’uomo medio appartenente al gruppo sociale del soggetto passivo (…..) una reazione che superi i limiti posti dalle regole di esperienza, che tengono pur sempre conto della possibile maggiore impressionabilità del singolo, non appare degna di tutela giuridica”@.

 Come già anticipato in relazione alla fattispecie di violenza privata, il male ingiusto oggetto della minaccia consiste nella lesione o messa in pericolo di un interesse giuridicamente protetto contra ius, vale a dire in assenza di qualunque diritto di arrecare lo stesso. Sicché, per le ragioni già esposte, non appare condivisibile l’orientamento secondo il quale la prospettazione di un male ingiusto potrebbe derivare anche dall’esercizio di una facoltà legittima@, allorché essa sia utilizzata per scopi diversi da quelli per i quali è concessa dalla legge.

 La fattispecie è riconducibile al novero dei reati di pericolo, poiché non è necessario che si verifichi concretamente uno stato di intimidazione nella vittima, essendo sufficiente la mera attitudine della condotta a realizzare siffatto risultato@.

 4.3. Il secondo comma dell’art. 612 c.p. contempla una circostanza aggravante ad effetto speciale là dove la minaccia sia grave o fatta nei modi indicati dall’art. 339 c.p. La gravità della minaccia non va valutata in astratto, ma in concreto con riferimento all’entità del turbamento psichico determinato dall’atto intimidatorio sul soggetto passivo, avendo riguardo non soltanto al tenore delle espressioni verbali profferite ma anche al contesto nel quale esse si collocano@. Proprio in relazione al fatto che la previsione normativa di detta circostanza aggravante include componenti valutative, si è precisato che “ove esse non risultino precisamente indicate nella contestazione, la stessa risulterà priva di una compiuta indicazione degli elementi costitutivi della fattispecie circostanziale”, la quale “non può essere desunta automaticamente dalle parole utilizzate”@.

 

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