Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta
5. La descrizione esemplificativa del reato
5.1. Al modello di diritto penale sopra tratteggiato si contrappone la concezione esemplificativa del reato, caratterizzata da una indeterminatezza normativa deliberatamente prodotta dal legislatore, al fine precipuo di consentire al giudice l’integrazione delle ipotesi di reato da sottoporre a pena.
Questo obiettivo può essere perseguito attraverso tre tecniche normative affini, ma dotate di una diversa portata applicativa.
La prima consiste nella descrizione linguistica di singole figure di reato in termini generici. Ne consegue l’invito al riempimento giudiziale degli elementi non definiti@.
La seconda tecnica utilizza espressioni che estendono esplicitamente l’area della illiceità a casi “simili”, “analoghi” o “altri” rispetto a quelli tipizzati. L’integrazione creativa della norma risulta maggiore nei casi di elencazioni eterogenee (si pensi all’art. 434 c.p. che equipara al “crollo di una costruzione” un qualunque “altro disastro”).
La terza tecnica normativa si realizza attraverso la previsione di una clausola generale che demanda al giudice la punizione di fatti non espressamente previsti come reato, nondimeno ritenuti meritevoli di pena a giudizio dello stesso giudicante secondo parametri di valore elastici e non meglio formalizzati.
5.2. Quest’ultimo modello, che nel secolo scorso è stato accolto dalle legislazioni penali di regimi dittatoriali tra loro ideologicamente antitetici@, è oggi fermamente rifiutato; le prime due tecniche sono invece praticate, anche sotto mentite spoglie, nelle più avanzate democrazie che professano il carattere legalitario dell’intervento punitivo.
Le cadute di tipizzazione sono più o meno sfacciate, ma il risultato in fondo non cambia: solo per dare concretezza al discorso, si pensi all’insostenibile genericità dei nuovi eco-delitti, previsti nel Titolo VI-bis c.p., che si affidano al sano sentimento ambientale dell’interprete. La loro evidentissima indeterminatezza – che, ad oggi, non risulta essere stata deferita al vaglio della Corte costituzionale – è una cambiale in bianco consegnata alla giurisdizione: un’inusitata concessione legislativa al giudice penale dell’inedito ruolo di coautore della politica ambientale in concreto. Lo stesso deve dirsi in relazione ai reati colposi ascritti a titolo di colpa generica, almeno per come quest’ultima viene comunemente intesa: nomina sunt consequentia rerum.
L’elencazione potrebbe continuare. Importa rilevare, piuttosto, che nei casi sopra considerati, in misura maggiore o minore, la nozione di reato rimane “aperta”. La norma penale generica, quale che sia la sua scaturigine tecnica, presenta la stessa caratteristica: la portata del divieto non è conoscibile ex ante dal cittadino, perché la sua definizione è opera del giudicante ex post.
15 di 207