Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta
4. Il sequestro di persona “comune”
4.1. Il sequestro di persona “comune”, ai sensi della fattispecie contemplata dall’art. 605 c.p., consiste nel fatto di chi priva taluno della libertà personale. La condotta tipica coincide con qualunque attività causativa di detta privazione, a prescindere dalle modalità di estrinsecazione della stessa. Il reato può dunque essere commesso sia mediante azione – attraverso violenza personale fisica, propria o impropria (per esempio, rispettivamente, legando la vittima o narcotizzando la stessa@), violenza psichica (minacciando la vittima in vari modi), inganno (inducendo la vittima ad autoprivarsi della libertà, facendole credere, ad esempio, di essere gravemente malata o prospettando rischi di esposizione a patologie pericolose)@ -, sia mediante omissione da parte di soggetti gravati da specifici obblighi di garanzia nei confronti della vittima.
L’evento consiste nella privazione della libertà personale, totale o anche solo parziale@, di persona in condizione di libertà piena o nella ulteriore privazione della libertà residua di persona che già versa in condizione di limitazione della stessa (si pensi ad un soggetto detenuto costretto a rimanere in cella durante l’ora d’aria).
4.2. Ai fini dell’integrazione del reato, è necessario che la privazione della libertà personale si protragga per un certo periodo di tempo, giuridicamente apprezzabile; da questo dato si desume la riconducibilità della fattispecie de qua al novero dei reati permanenti. Peraltro, solo alla luce di tale criterio è possibile – in casi limite – distinguere il sequestro di persona da altri reati. Si pensi al soggetto che immobilizzi la vittima – privandola della libertà personale – per il tempo necessario a sfilarle il portafoglio o altri oggetti portati addosso; situazione, questa, in cui non parrebbero sorgere dubbi circa la configurabilità del reato di rapina. Viceversa, il delitto di sequestro di persona potrebbe concorrere con quello di rapina (o di violenza sessuale), nel caso in cui la privazione della libertà personale si protragga, quanto al delitto di cui all’art. 628 c. p., anche dopo l’avvenuto impossessamento della res, ma per un tempo apprezzabile e senza necessità ai fini della consumazione della rapina (e, quanto al delitto di cui all’art. 609-bis c. p., nel tempo anteriore o successivo alla costrizione necessaria a compiere gli atti sessuali)@.
Tanto premesso, si comprende come un problema particolarmente rilevante in tema di sequestro di persona attenga all’individuazione delle modalità di limitazione della libertà e del minimum di tempo necessario per l’integrazione della fattispecie. E’ evidente, infatti, che detti elementi – e, dunque, la tipicità del reato – risultino legati a talune “variabili” che possono anche porsi in bilanciamento tra loro. Si vuole dire, in altre parole, che nella fattispecie di sequestro di persona “la tutela della libertà personale è la sintesi di un delicato punto di equilibrio tra spazio (ossia quantità di libertà personale negata), tempo (ossia durata della stato di cattività […])) e caratteristiche fisiche del soggetto passivo (in grado di relativizzare l’idoneità costrittiva della condotta)”@. Diverso sarà, dunque, l’apprezzamento di una eventuale limitazione della libertà in relazione al variare dei predetti fattori, al punto da escludere la tipicità del sequestro in tutti i casi nei quali il titolare del bene protetto non percepisca, invero, alcuna compressione del proprio interesse, dunque alcuna offesa. A siffatta ricostruzione si potrebbe obiettare che essa rende “fluidi” i contorni della fattispecie. A ben vedere, però, occorre muovere dalla considerazione in forza della quale la legge penale dovrebbe rimanere impermeabile a bilanciamenti solo da un lato, in malam partem. Viceversa, “a vantaggio del reo la norma penale è invece porosa, consentendo ritrazioni teleologiche della tutela rispetto alla dimensione formale dell’enunciato normativo”@.
4.3. Circa l’elemento soggettivo, si tratta di reato a dolo generico, richiedendo l’art. 605 c.p. solo la coscienza e volontà di privare taluno della libertà personale, essendo indifferente lo scopo dell’agente. Lo specifico fine perseguito dall’agente potrà, tuttavia, rilevare ai sensi di altre e diverse fattispecie incriminatrici molto più gravemente sanzionate proprio (e unicamente) in virtù appunto di tale elemento (v. art. 289-bis, 289-ter, 630 c.p.). In siffatte ipotesi il sequestro si configura come mezzo per la realizzazione di un più ampio ed articolato disegno criminoso@.
4.4. La perfezione si ha nel momento in cui si realizza – come anticipato – un minimum apprezzabile di mantenimento della privazione (nei termini detti) della libertà. La consumazione coincide, invece, con la cessazione della permanenza e, dunque, con il momento in cui cessa la privazione della libertà. Il tentativo è configurabile, ma solo prima – come è ovvio – del momento perfezionativo.
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