Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta
3. Le aggravanti
3.1. Si è già detto che le due sotto-fattispecie di diffamazione presentano un diverso disvalore, per un verso, in ragione della diffusione dell’affermazione diffamatoria, per l’altro, in misura direttamente proporzionale alla sua credibilità. Entrambe le ipotesi sono oggetto di altrettante circostanze aggravanti speciali.
Più precisamente, l’affermazione diffamatoria arrecata con un qualsiasi mezzo di pubblicità (art. 595, comma 3, c.p.), come può essere la stampa, la televisione o la comunicazione attraverso internet, può raggiungere un pubblico anche vasto, amplificando il discredito per il soggetto passivo.
D’altra parte, l’attribuzione di un fatto determinato, prevista come aggravate dall’art. 595, comma 2, c.p., è più offensiva di quanto non sia l’addebito di una mera qualifica inerente alle qualità personali del soggetto passivo, come l’onestà, la professionalità, l’aspetto fisco e via discorrendo. Secondo l’opinione preferibile, il fatto può dirsi determinato quando è rappresentato nelle sue coordinate spazio-temporali, come accadimento unico e irripetibile@. La specificità dell’addebito accresce sua attitudine lesiva, indipendentemente dalla rispondenza al vero.
Le due circostanze aggravanti operano, però, in modo indipendente l’una dall’altra. Possono ricorrere entrambe, una soltanto, o nessuna delle due.
3.2. L’attribuzione del fatto determinato non determina soltanto un aumento di pena, ma funge da presupposto della disciplina prevista all’art. 596, comma 3, c.p. in materia di prova liberatoria. La disposizione citata afferma, al primo comma, il principio generale secondo il quale l’autore di una comunicazione diffamatoria non è ammesso a provare, a sua discolpa, la verità o la notorietà del fatto attribuito alla persona offesa. La ragione è semplice: verità e notorietà non diminuiscono l’offesa, ma semmai l’accrescono. Cantava Caterina Caselli “La verità mi fa male, lo so. La verità mi fa male, lo sai”@. È rimasta celebre, del resto, la battuta di Totò: “Lei è un cretino, s’informi”@. Né, al fine di escludere il carattere lesivo dell’affermazione, varrebbe la precisazione del grande comico: “Non è un’offesa. È un’informazione accompagnata da un consiglio”. Che si tratti di ingiuria o di diffamazione, l’offesa all’onore sussiste comunque.
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