testi ed ipertesti

Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta

3. L’omissione di soccorso

 

 3.1. Anche l’art. 593 c.p. prevede due figure di omissione di soccorso parificate quoad poenam; i soggetti passivi della prima sono alternativamente il minore o l’incapace (comma 1): quello della seconda, il pericolante (comma 2).

 In entrambi i casi si tratta di reati comuni. La fattispecie non richiede che il reo possieda una particolare qualifica soggettiva.

 Come si è detto, i reati in questione condividono lo stesso presupposto: il soggetto attivo deve trovare il minore, l’incapace o il pericolante. Ne consegue che non risponderà di omissione di soccorso, ma se del caso di altro reato come l’abbandono di minore o incapace, l’agente che abbia causato la situazione di pericolo.

 Si discute sul significato da attribuire al requisito del ritrovamento del soggetto passivo. Per l’interpretazione preferibile (di natura sistematica, stante la presenza del requisito in questione in entrambe le figure di omissione di soccorso), il reo deve imbattersi nel minore, nell’incapace e nel pericolante, ossia deve entrare con lui in contatto sensoriale diretto (vedendolo, udendone la richiesta di aiuto e via discorrendo). Non integra il presupposto del reato in questione, invece, l’instaurazione di un contatto mediato, come nel caso della richiesta di aiuto che giunga per telefono o dell’agente che veda il soggetto passivo in difficoltà o in pericolo attraverso un sistema di telecamere a circuito chiuso. La giurisprudenza allarga il significato da attribuire al concetto, dando rilevanza alla conoscenza dell’esistenza nei pressi di un soggetto in condizioni di incapacità o pericolante. Questo orientamento guarda soprattutto alle esigenze di tutela, ma sconfina in applicazioni analogiche sempre più dilatate e prive di limiti. Farebbe scattare l’obbligo di intervento perfino la telefonata del vicino di casa che, invece di chiamare la guardia medica, chiede nel cuore della notte di essere accompagnato in ospedale. Non si tratta di un caso né estremo, né inverosimile: l’informatizzazione consente a ciascuno di noi di avere in tempo reale notizia di situazioni che in astratto meriterebbero di essere portate a conoscenza dell’autorità (nel dubbio che non ce l’abbia già) o il soccorso diretto da parte del cittadino. L’adempimento dell’obbligo di solidarietà diventerebbe la principale occupazione della popolazione. Secondo parte della dottrina, l’art. 593, comma 2, c.p. opererebbe anche nei casi in cui ci si trovi in presenza o in compagnia del pericolante prima che insorga la situazione di pericolo. A rigore, questa situazione non rientrerebbe nel concetto di “trovare”, che sottende l’occasionalità del “ritrovamento”. Si faccia il caso di due escursionisti che procedono sullo stesso sentiero di montagna e uno dei due, mettendo il piede in fallo, si frattura la caviglia@. Si tratta di situazioni diverse da quella descritta, ma includibili nel fuoco della tipicità in base al ragionamento a fortiori: se la norma grava dell’obbligo di soccorso l’occasionale ritrovatore, a maggior ragione deve ritenersi che imponga il soccorso a chi è presente nel momento in cui il pericolo si verifica, ossia a colui che è ancora più “vicino” al soggetto passivo. Non vi è alcuna violazione della legalità, perché l’ipotesi non espressamente prevista, come tale ricavata analogicamente, è più grave di quella che segna il massimo confine esterno del fatto tipico, come tale in essa ricompresa.

 3.2. Risponde del primo reato chiunque, trovando abbandonato o smarrito un fanciullo minore degli anni dieci, o un’altra persona incapace di provvedere a se stessa, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia o per altra causa, omette di darne immediato avviso all’autorità.

 Per un indirizzo di pensiero, si tratterebbe di un reato di pericolo presunto@; le situazioni descritte dalla norma sarebbero di per sé pericolose per la vita e l’incolumità del soggetto passivo. In realtà le cose non stanno così. Il fanciullo lasciato a se stesso, anche temporaneamente, da chi doveva averne cura, non è per ciò stesso esposto a pericolo. Lo stesso vale per il fanciullo smarrito, ossia che ha perso i riferimenti spaziali per l’orientamento. Se fornito di un cellulare, per esempio, il fanciullo può essere in grado di ristabilire il necessario contatto o di ritrovare la via che aveva smarrito.

 Del resto la prova della condizione di difficoltà in cui versa il soggetto passivo non può fare a meno di indici di manifestazione univoci. I bambini abbandonati o smarriti non recano contrassegni particolari. La loro condizione si desume anche dalla situazione concreta in cui si trova il soggetto passivo. Essa deve apparire, in base a una prognosi postuma, tale da escludere che il minore e l’incapace siano in grado di gestirla.

 La questione si pone, dunque, negli stessi termini che si sono già considerati con riguardo al delitto di abbandono di minori o incapaci. Il reato consiste nel mantenere, attraverso il mancato intervento informativo dell’autorità, il minore degli anni dieci in una condizione di inadeguatezza rispetto al contesto situazionale, conseguente al fatto di essere stato abbandonato o di essersi smarrito. La necessaria serietà del pericolo dipende tanto dalle caratteristiche dell’ambiente, quanto dalle capacità del minore. Breve: per l’affermazione di responsabilità è necessario che, in base a una prognosi a base parziale, l’incapace non appaia in grado di affrontare da solo la concreta situazione ambientale@.

 3.3. Le stesse considerazioni valgono, mutatis mutandis, per l’omissione dell’incapace.

 Decisiva sarà la misura della capacità residua del soggetto passivo e la situazione in cui viene a trovarsi. Con riguardo a questa figura di reato il testo di legge è più esplicito: l’incapace non deve essere in grado di provvedere a se stesso. La precisazione chiarisce ciò che, con riguardo al minore di dieci anni, la norma consente di desumere in via interpretativa.

 In mancanza di questi correttivi ermeneutici ispirati al principio di offensività, si finirebbe per giungere a epiloghi punitivi abnormi, come l’affermazione di responsabilità degli automobilisti in transito su una strada cittadina che, vedendo sul marciapiede un bambino solo e in lacrime, proseguano la loro marcia nel traffico dell’ora di punta.

 3.4. La condotta doverosa consiste nel dare avviso all’autorità. La legge non indica la modalità della segnalazione. Oggi la telefonia mobile offre un mezzo efficace e veloce. Dietro l’indistinto concetto di autorità le vere destinatarie dell’informazione sono le forze di polizia. Non bisogna puntare troppo in alto: il Capo dello Stato è certamente un’autorità, la massima per definizione, ma sarebbe pretendere troppo.

 Per la giurisprudenza, il reato sussiste anche quando condotta doverosa omessa non avrebbe consentito l’intervento salvifico dell’autorità@. Si tratta di una linea di pensiero oltremodo rigorista, specie nei casi in cui l’inutilità dell’avviso appariva pressoché certa ex ante. Così ragionando, infatti, il reato viene a perdere ogni connotato di pericolosità, anche presunta. Si imporrebbe al cittadino, sotto la minaccia di pena, l’avviso inutile. Senza contare l’impoverimento del dolo che ne conseguirebbe. La colpevolezza consisterebbe nel non aver assolto un rito puramente formale.

 Nel caso in cui a trovare il minore o l’incapace siano contestualmente più soggetti, l’adempimento del primo, se avvenuto con successo, libera gli altri e scongiura che i centralini delle pubbliche autorità siano tempestati di chiamate.

 3.5. Il dolo è generico e consiste nella rappresentazione delle condizioni di vulnerabilità del soggetto passivo e nella volontà di lasciarlo privo dell’assistenza necessaria.

 3.6. Per opinione pacifica e incontrovertibile il secondo comma dell’art. 593 c.p. prevede un reato di pericolo concreto@. Viene punito, infatti, chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l’assistenza occorrente o di darne immediato avviso all’Autorità.

 Quanto alla prima parte della disposizione, in presenza di un corpo che appare inanimato, ossia immobile, l’obbligo di soccorso non presuppone soltanto la verifica che non si tratti di cadavere, ma implica una valutazione positiva di pericolosità, che non ricorrerà ove, per esempio, si tratti di persona dormiente@. Se l’immobilità non assurge a sintomo di pericolo (nei confronti del mimo che, travestito da statua, si esibisce nella pubblica via, non scatta l’obbligo di soccorso. Chi vi si imbatte, se non gradisce lo spettacolo, può proseguire la sua passeggiata).

 Nel caso del pericolante, la legge non precisa la natura e l’entità del pericolo. Deve trattarsi di un pericolo serio per la vita o l’incolumità. Soccorrere chi, dopo essere caduto, si è prontamente rialzato fa parte del senso civico, ma non è un gesto imposto sotto la minaccia di pena dall’art. 593, comma 2, c.p.; nemmeno in presenza di contusioni o escoriazioni lievi. Il pericolo non deve risultare gestibile dal soggetto passivo, per cui ancora una volta saranno decisive le capacità dell’infortunato e il contesto situazionale. La norma non chiede che si soccorra chi è in grado di fare da sé.

 Si dibatte se, per adempiere all’obbligo, il soccorritore sia tenuto ad esporsi al pericolo. L’opinione affermativa confonde il piano del diritto con quello dell’etica. L’eroismo non è un dovere penalmente presidiato. Un conto è il costo del soccorso sul piano dell’impegno fisico, altro conto è l’esposizione al pericolo, cui sono tenuti solo soggetti a ciò preposti e attrezzati.

 Il dovere di soccorso trova un limite invalicabile nel rifiuto opposto dal pericolante capace di intendere e di volere.

 3.7. L’art. 593, comma 2, c.p. descrive la condotta tipica in termini alternativi (omettere l’assistenza necessaria ovvero l’immediato avviso all’autorità), nel senso che, a seconda delle situazioni, per il giudizio di responsabilità sarà sufficiente la realizzazione del più idoneo dei comportamenti doverosi. Il soccorritore non può scegliere liberamente. La disposizione segue, infatti, un preciso ordine: solo se l’assistenza necessaria non è oggettivamente o soggettivamente esigibile, scatta l’obbligo residuale dell’avviso all’autorità.

 3.8. Se dall’omissione deriva una lesione personale, la pena è aumentata; se ne deriva la morte, la pena è raddoppiata.

 3.9. Com’è stato precisato@, il reato di omissione di soccorso non troverà applicazione quando ricorrono i requisiti dell’abbandono di persone minori o incapaci, quale reato proprio di soggetti gravati dall’obbligo di cura e connotato per di più da una anticipazione della soglia della punibilità, che scatta in presenza dell’incapacità del soggetto passivo di autogovernarsi, senza richiedere invece l’occasionale ritrovamento di una persona esposta a pericolo per la vita o l’incolumità.

 

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