testi ed ipertesti

Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta

Capitolo XIX | Doping

di Fausto Giunta

 

 1.1. Il d.lgs. n. 21 del 2018, di cui si è già detto, ha trasferito nel codice penale, e precisamente all’art. 586-bis, il delitto di Utilizzo o somministrazione di farmaci o di altre sostanze al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti (c.d. doping), introdotto dalla l. 14 dicembre 2000, n. 376.

 Negli intendimenti del legislatore la nuova classificazione sistematica dovrebbe offrire a questa figura di reato il suo naturale contesto normativo. A ben vedere, però, le cose non stanno così. Infatti, contrariamente all’opinione maggioritaria, condivisa anche dalla giurisprudenza@, il doping non è un delitto contro la persona, né può diventare tale in ragione del suo spostamento nel Titolo XII. Il danno alla salute non è requisito costitutivo, ma integra una circostanza aggravante speciale (comma 3, lett. a), ossia un elemento eventuale e accessorio.

 Breve: la fattispecie in parola non è affine a quella delle lesioni personali e non contiene un’anticipazione della tutela che sviluppi la stessa ratio preventiva. L’offesa non riguarda in via diretta la persona dell’atleta, ma il suo rendimento agonistico e, di riflesso, la regolarità delle competizioni sportive. È rispetto a quest’ultimo interesse che la fattispecie opera come reato di pericolo. Il dolo specifico è una conferma ulteriore dell’anzidetta prospettiva di tutela: l’agente deve agire al duplice e alternativo fine di alterare le prestazioni agonistiche sue o di terzi oppure di modificare i risultati dei controlli sull’uso di trattamenti medici non consentiti, in quanto idonei a incidere sulle condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo.

 1.2. Il soggetto attivo può essere tanto l’assuntore delle sostanze dopanti, quanto l’autore delle condotte a ciò strumentali, come il procurare, somministrare o favorire comunque l’utilizzo di dette sostanze.

 Queste ultime sono definite sulla base di un duplice criterio: devono essere idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo e figurare nelle apposite classi previste dalla legge. Ne consegue che il concetto di sostanza dopante ha natura normativa perché è definito per relationem, attraverso il rinvio ad appositi decreti ministeriali che vengono aggiornati periodicamente. Non si tratta, però, di una nozione formale, perché la fattispecie in esame costituisce, come si diceva, un reato di pericolo concreto: il giudice deve accertare altresì l’idoneità del dosaggio a produrre gli effetti previsti dalla legge.

 Il secondo comma assoggetta a pena, alle medesime condizioni, il doping che si realizza, anziché con l’assunzione di farmaci, attraverso altre pratiche mediche, come, per esempio, la manipolazione del sangue.

 1.3. I trattamenti dopanti (quale che sia la loro natura) sono tali se non risultano giustificati da condizioni patologiche. È questo un importante limite di tipicità. In presenza di una fondata ragione terapeutica i trattamenti vietati potranno invalidare il risultato della competizione sportiva, ma non assumeranno rilevanza penale. 

 Il riferimento testuale alle prestazioni agonistiche degli atleti esclude il reato quando il trattamento dopante avviene nel contesto di attività ludiche carenti di supporto organizzativo, come per esempio l’attività del ciclista solitario o la partita di calcio occasionale.

 Sebbene non sia esplicitato, nel caso di trattamenti sulla persona dell’atleta è necessario il suo consenso informato, mancando il quale, in presenza di danno alla salute, può configurarsi il delitto di lesioni personali.

 Il dolo richiede la consapevolezza del carattere dopante dei trattamenti, sia sotto il profilo formale, in considerazione, cioè, della loro espressa previsione normativa, sia sotto quello fattuale, vale a dire tenuto conto dell’idoneità ad alterare le prestazioni agonistiche o i controlli antidoping.

 Il momento rappresentativo include la mancanza di esigenze terapeutiche.

 1.4. Come si è anticipato, il dolo è specifico: l’agente deve perseguire l’alterazione delle prestazioni agonistiche degli atleti o l’elusione dei controlli antidoping. Secondo la giurisprudenza il dolo specifico sarebbe compatibile con quello eventuale, come nel caso del medico che somministri il farmaco dopante per verificarne gli effetti, accettando il rischio che il trattamento sia idoneo ad alterare la regolarità di una competizione sportiva. Ma si tratta di casi di scuola, al di fuori dei quali la finalità tipica costituirà l’esclusiva motivazione dell’agente.

 1.5. Il settimo comma dell’art. 586-bis c.p. prevede come fattispecie autonoma il fatto di chi “commercia i farmaci e le sostanze farmacologicamente o biologicamente attive ricompresi  nelle classi indicate dalla legge, che siano idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo”. Anche questo reato prevedeva in origine il dolo specifico consistente nel fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti. La finalizzazione soggettiva, però, è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con sent. 105 del 2022@, per violazione dei limiti posti dalla legge delega, che non prevedeva il dolo specifico. La pronuncia dilata l’ambito applicativo della fattispecie anche il commercio dei farmaci che non è finalizzato ad alterare le prestazioni agonistiche degli atleti. L’estensione in malm partem è tuttavia minore di quanto appaia: i farmaci in questione, infatti, oltre a rientrare nelle apposite tabelle delle sostanze dopanti, devono essere pur sempre idonei a modificare le prestazioni dell’organismo. Non è previsto, invece, che essi debbano essere pericolosi per la salute di chi li assume.

 

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