Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta
7. La colpa grave
7.1. Tra i profili controversi della responsabilità penale del medico a titolo di colpa un posto di sicuro rilievo lo occupa la clausola prevista dall’art. 2236 c.c.@. Quest’ultima disposizione, dettata in materia civile, limita la responsabilità del professionista ai casi di dolo o colpa grave, quando si tratta di prestazioni che implicano la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà.
L’estensione in ambito penale della limitazione di responsabilità prevista nel codice civile si fonda su esigenze di giustizia sostanziale collegate al rilievo che, quando non è grave e interviene nello svolgimento di attività particolarmente difficili, l’imperizia esprime un grado di colpevolezza modesta. Questa tesi, inoltre, fa leva sull’unità dell’ordinamento giuridico: si osserva infatti l’incongruenza di ammettere una responsabilità penale per un fatto che non potrebbe costituire neppure un illecito civile.
7.2. Sennonché l’impostazione anzidetta ha registrato nel tempo una significativa evoluzione. In origine, infatti, la giurisprudenza utilizzava il disposto dell’art. 2236 c.c. per fondare un approccio al problema della colpa medica eccessivamente indulgente. Più precisamente, la responsabilità del medico veniva circoscritta ai soli casi di negligenza abnorme dipendente da ignoranza dei principi elementari dell’arte medica@ e di errore grossolano nello svolgimento della pratica sanitaria@. Certamente preferibile è, dunque, il successivo indirizzo di pensiero che ha limitato il trattamento di favore previsto dall’art. 2236 c.c. a quell’aspetto della colpa penale che investe, non già la prudenza o la diligenza in senso stretto, bensì la perizia, allo scopo di valorizzare la discrezionalità tecnica del medico quando affronta problemi particolarmente difficili, ad alto rischio di insuccesso.
In tal senso si è espressa del resto la Corte Costituzionale la quale, con la sentenza n. 166 del 1973, per un verso ha ammesso l’operatività dei normali criteri della responsabilità colposa (e, di conseguenza, dell’art. 1176 c.c. che prevede una responsabilità anche per colpa lieve) nel caso di condotta negligente o imprudente del medico, per l’altro ha circoscritto l’utilizzo del parametro meno rigoroso della colpa grave di cui all’art. 2236 c.c. all’ipotesi di imperizia@, nel caso di errore inescusabile dovuto alla mancata applicazione delle cognizioni generali e fondamentali attinenti alla professione@.
7.3. Nonostante questa importante apertura la giurisprudenza prevalente ha escluso, ai fini della determinazione della colpa penale, ogni possibile richiamo ai principi validi in altri rami dell’ordinamento giuridico@. L’operatività dell’art. 2236 c.c. viene limitata al piano civilistico del risarcimento dei danni, con la conseguenza di non ritenerla suscettibile né di interpretazione analogica, perché vietata in ragione del carattere eccezionale della disposizione rispetto ai principi vigenti in materia, né di interpretazione estensiva nel campo penale, data la completezza e l’omogeneità della disciplina penale del dolo e della colpa.
Il richiamo alla “colpa grave” di cui all’art. 2236 c.c. mantiene la sua funzione di “regola di esperienza, cui il giudice può attenersi nel valutare l’addebito di imperizia”, se il caso imponga la soluzione di particolari problemi diagnostici o terapeutici in presenza di pazienti dal quadro patologico complesso e suscettibile di diversi esiti terapeutici@.
7.4. Nonostante l’eccessiva prudenza di questa linea di pensiero, la dottrina più recente coglie, nella più recente giurisprudenza di legittimità e nella letteratura specialistica, le premesse della valorizzazione della colpa grave, proprio attraverso un dichiarato recupero della portata delimitativa dell’art. 2236 c.c.@.
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