Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta
6. La colpa medica
6.1. Si è già detto che, nel caso in cui l’evento avverso non sia voluto, l’atto medico compiuto in violazione delle leges artis, ossia dei dettami della scienza e della pratica medica, può essere fonte di responsabilità a titolo di colpa.
Da qui la domanda: in base a quali criteri si può affermare che uno specifico atto medico ha violato le leges artis? Il punto fermo è la necessità di accertare la colpa ex ante; il giudice, cioè, deve valutare la negligenza o l’imperizia del medico sulla base delle circostanze esistenti nel momento in cui veniva realizzata la condotta, e senza farsi condizionare dall’avvenuta verificazione dell’evento.
Per molto tempo l’accertamento della colpa è stato impostato sul parametro della migliore scienza ed esperienza del settore, pretendibile dall’homo eiusdem professionis et condicionis, ossia tenendo conto delle conoscenze specialistiche del professionista, della sua esperienza, degli strumenti a sua disposizione, ecc., differenziando la pretesa di perizia a seconda che si tratti del medico di provincia o dello scienziato che opera in un importante centro di ricerca, del giovane medico ai primi cimenti o di quello con esperienza decennale, e via discorrendo.
6.2. Questa impostazione, che è poi quella più diffusa nel settore della colpa in generale, presenta una vocazione colpevolista: il parametro della migliore scienza ed esperienza è, infatti, assai difficile da eguagliare e per questa ragione fatica a conciliare le indiscutibili istanze di tutela del paziente con le altrettanto irrinunciabili esigenze di giustizia sostanziale, che vietano di trasformare il medico in un capro espiatorio cui imputare eventi che non rientrano nel suo potere di dominio.
D’altro canto il criterio dell’homo eiusdem condicionis et professionis non riesce a correggere efficacemente l’eccessiva dilatazione del giudizio di colposità delineato in base al parametro della migliore scienza ed esperienza. Se si guarda alle applicazioni giurisprudenziali della figura dell’agente modello ci si avvede agevolmente come essa, nata per relativizzare il giudizio di colpa, finisca sovente per far prevalere sulle diverse classi di agenti-modello lo spettro dell’esperto assoluto, al cui confronto l’agente concreto viene facilmente a trovarsi in colpa. In effetti, muovendo dalla premessa che su ogni medico grava il dovere del costante aggiornamento (attraverso la partecipazione a convegni, la consultazione di riviste specializzate, lo studio quotidiano e via dicendo), ne esce fortemente attenuato lo iato che intercorre tra l’aspettativa di perizia nei confronti del luminare e quella che un qualunque medico coscienzioso dovrebbe poter raggiungere. Non meraviglia dunque che nella giurisprudenza il criterio dell’agente modello venga utilizzato per affermare la responsabilità del medico, quasi mai per escluderla.
6.3. Per ovviare agli inconvenienti dell’impostazione sopra tratteggiata, è stata proposto di fare ricorso ai migliori usi terapeutici diffusi e consolidati, best practice secondo la corrispondente espressione di lingua inglese. In altre parole: l’ambito del rischio consentito insito nello svolgimento dell’attività medica coinciderebbe con i protocolli clinici consolidatisi in relazione a ogni specifica tipologia di attività medica. Si tratta di regole diagnostiche di tipo procedimentale che scandiscono i presupposti e l’ordine degli interventi. Del resto il mondo della medicina parla si esprime attraverso protocolli e linee guida.
6.4. Questa impostazione è stata recepita oggi dal legislatore. Stabilisce infatti l’art. 590-sexies c.p., introdotto dalla l. 8 marzo 2017, n. 24, che “la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.
Com’è stato conclusivamente osservato, oggi il medico modello “è dunque l’esercente una professione sanitaria che fa leva su linee guida e buone pratiche”@.
122 di 207