testi ed ipertesti

Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta

4. L’atto medico arbitrario con esito infausto

 

 4.1. Si tratta di vedere adesso se e quando l’atto medico arbitrario con esito infausto integri le fattispecie di lesioni personali o omicidio.

 A quest’ultimo proposito occorre isolare due ipotesi non problematiche.

 Nella prima l’agente non ha voluto l’evento, che nondimeno lo ha causato violando le leges artis. La disciplina che troverà applicazione è, a seconda del tipo di evento, quella delle lesioni personali o dell’omicidio colposo (la stessa, cioè, che, a parità di condizioni, si applicherà in presenza del consenso informato).

 La seconda ipotesi, in realtà estrema e inverosimile, è quella del medico che disattenda le leges artis con la volontà precipua di cagionare l’evento avverso; nel qual caso sussisterà il dolo diretto (anche in presenza del consenso informato).

 4.2. Il nodo da sciogliere riguarda invece il fatto del medico che agisca, in assenza di valido consenso, in difformità da esso o in base a un consenso viziato da un’informazione non corretta, nel rispetto delle leges artis, ma assumendo un atteggiamento di adesione psicologica rispetto all’evento: o perché ne accetta la verificazione o perché addirittura lo persegue come conseguenza precipua della propria condotta.

 Va tenuto presente che le leges artis non azzerano i rischi connessi allo svolgimento dell’attività terapeutica. Il più delle volte la loro osservanza produce soltanto un abbassamento delle probabilità di ulteriore evoluzione della malattia: seppure in misura diversa a seconda dei casi, le chances di riuscita di una terapia convivono infatti con le probabilità di insuccesso. Non solo: l’atto medico (perito) può comportare esso stesso fattori di rischio ulteriori rispetto a quelli propri della patologia che intende fronteggiare. Ne consegue che come vi sono atti medici vantaggiosi per la salute del paziente inconciliabili con l’animus nocendi, così l’attività medica può comportare fattori di rischio elevati o irragionevoli che, nella misura in cui vengono ritorti a danno del paziente, sono compatibili con le componenti volitive del dolo. Proprio per i margini di incertezza tipici della medicina, il carattere vantaggioso dell’atto medico va stabilito ex ante: esso ricorrerà quando le sue possibilità di successo e i vantaggi che comporta sopravanzano le probabilità di persistenza o ulteriore sviluppo della malattia nonché i rischi e i costi (anche in termini di sofferenza) connessi all’intervento stesso. La volontaria estromissione del paziente dal processo decisionale, da un lato, e la consapevolezza dei rischi dell’atto medico, dall’altro, convergono nel qualificare l’intervento terapeutico come condotta contro il paziente.

 4.3. Ora lo scenario dell’atto medico nocivo è estremo e inverosimile, ma pur sempre possibile. Si faccia il caso del chirurgo che sottopone il paziente, marito dell’amante, a un intervento elettivo ad alto rischio di morte sotto i ferri, eseguito a regola d’arte, nella speranza che si verifichi l’evento avverso. Quando il rischio è particolarmente elevato e non è indifferibile solo il consenso informato può legittimarlo. Il rispetto delle leges artis riguarda l’esecuzione dell’atto medico e i suoi presupposti, non scrimina l’assunzione del rischio legato all’incertezza dell’intervento medico. La volontà dell’evento è piena e non schermata dalla perizia e dal suo proprio rischio consentito. Naturalmente deve ricorrere la prova del dolo oltre ogni ragionevole dubbio; la qual cosa non potrà che avvenire da elementi fattuali esterni all’atto medico (come, per esempio, la testimonianza dell’amante alla quale il medico aveva spiegato le ragioni dell’incompleta informazione del paziente).

 Lo schema del dolo eventuale non ha spazio, invece, nell’attività medica, perché la rappresentazione dell’evento avverso (indipendentemente dalla sua gravità) ricorre sempre, specie se il medico è perito e coscienzioso. In realtà, non si può parlare nemmeno di dolo in senso stretto, perché il medico non accetta il rischio dell’evento avverso, ma semplicemente procede all’attività confidando che esso non si verifichi e mirando a fronteggiare la patologia.

 

120 di 207


Sommario