testi ed ipertesti

Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta

4. Lesioni gravi e gravissime

di Fausto Giunta

 

 4.1. L’art. 583 c.p. prevede due distinte ipotesi, denominate rispettivamente “Lesioni gravi” (comma 1) e “Lesioni gravissime” (comma 2). La tecnica redazionale è quella tipica delle circostanze aggravanti c.d. indipendenti. Si prevedono, infatti, altrettante cornici edittali, distinte dalla pena prevista dall’art. 582 c.p. e ordinate per crescente gravità, chiamate a reprimere la causazione di malattie o menomazioni particolarmente offensive della salute individuale.

 Deve segnalarsi che l’art. 583, comma 1, c.p. equipara alla malattia l’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni. Quest’ultima va intesa come una condizione di benessere precaria o perché non assurge a malattia o perché segue ad essa ed è funzionale al pieno ristabilimento dello stato di salute (è il caso della c.d. convalescenza e del riposo dipendente dalla malattia). La giurisprudenza precisa che il suo accertamento va effettuato in concreto: vale a dire in relazione sia alla sfera del lavoro produttivo di reddito, sia ad ogni impiego della propria energia psico-fisica per scopi leciti e giuridicamente apprezzabili@.

 4.2. L’art. 583 c.p. è rubricato “Circostanze aggravanti”, la qual cosa conferma la volontà storica del legislatore di prevedere due fattispecie circostanziali. Questa scelta, del resto, era pienamente coerente con l’impianto politico-criminale del codice Rocco, che credeva nell’incremento di tutela derivante dalla comminazione di pene elevate abbinate alla responsabilità oggettiva.

 Per meglio comprendere l’originaria logica codicistica occorre tenere presente che le circostanze aggravanti c.d. indipendenti erano sottratte al bilanciamento con altre circostanze attenuanti ai sensi dell’art. 69 c.p. (prima che venisse novellato dalla l. 7 giugno 1974, n. 220). Non solo: il codice Rocco prevedeva l’imputazione oggettiva delle circostanze (ai sensi del previgente art. 59 c.p.). Breve: l’autore, che con dolo di lesione personale lieve o lievissima, cagionava uno degli eventi aggravatori previsti dall’art. 583 c.p. veniva punito non solo molto severamente ma, in relazione all’evento non voluto, a titolo di responsabilità oggettiva. Il rigore complessivo della disciplina sollevava fondati dubbi di costituzionalità per violazione dei principi di ragionevolezza della pena e di colpevolezza. 

 4.3. Questo spiega la lettura proposta nel manuale di Francesco Antolisei. Il ragionamento si snoda su due livelli.

 Sul piano testuale si esclude il carattere vincolante delle rubriche legislative, che – si precisa – hanno funzione ordinatoria e non contribuiscono a definire il contenuto regolativo della norma.

 Sul piano strutturale si nega la natura circostanziale dell’art. 583 c.p. in quanto le ipotesi aggravate in esso previste non sono tutte speciali rispetto al fatto tipizzato nell’art. 582 c.p. Verrebbe a mancare, cioè, uno dei criteri di riconoscimento delle circostanze. Da qui la conclusione che si tratterebbe di fattispecie autonome, i cui eventi devono essere previsti e voluti dall’agente.

 4.4. Con la citata novella del 1974, che, come si diceva, ha esteso il bilanciamento a tutte le circostanze, il legislatore ha ritenuto di poter attenuare la severità punitiva del codice Rocco attraverso il potenziamento della discrezionalità giudiziale.

 In quel momento storico la previsione si rivelò corretta, ma non priva di inconvenienti di segno opposto, come la possibilità che l’abbattimento di pena finisse per banalizzare la risposta sanzionatoria. La qualificazione delle fattispecie previste dall’art. 583 c.p. come circostanze aggravanti consente al giudice, in presenza di attenuanti anche generiche, di applicare per le lesioni gravissime ritenute prevalenti la pena massima di dodici anni, e di attestarsi, se ritenute soccombenti, sul minimo edittale stabilito dall’art. 582 c.p., diminuito di un terzo (pari a quattro mesi).

 Per evitare questo epilogo importanti manuali hanno continuato a sostenere, anche dopo il 1974, la natura autonoma delle fattispecie di cui all’art. 583 c.p.@.

 Per completare il discorso, va ricordato infine che con la l. 7 febbraio 1990, n. 19 è stato riformato l’art. 59, comma 2, c.p., il quale prevede oggi l’imputazione, quantomeno per colpa, degli eventi aggravatori rilevanti come circostanze del reato.

 4.5. La giurisprudenza, gratificata dall’enorme potere discrezionale che la novella del 1974 ha attribuito alla giurisdizione, non ha mai revocato in dubbio la natura circostanziale degli eventi aggravatori previsti dall’art. 583 c.p., ritenendo per altro verso bastevole, ai fini del giudizio di colpevolezza, la loro imputazione per colpa.

 Il bilancio non è positivo, né convincono alcuni degli argomenti di cui si è detto, primi tra tutti i criteri di distinzione tra figure di reato e fattispecie circostanziale, che non sono affatto univoci. In ogni caso, contrariamente a quanto sostenuto, l’art. 583 c.p. è speciale rispetto all’art. 582 c.p.: tutte le ipotesi previste dalla prima disposizione sono una specificazione del concetto di “lesione personale da cui derivi una malattia”, nel senso sopra chiarito. Ma la specialità non è una caratteristica esclusiva del rapporto tra reati e circostanze, potendo intercorrere anche tra fattispecie entrambe incriminatrici. Breve: poiché i confini costitutivi della categoria del reato circostanziato non dipendono da un unico criterio@, la natura autonoma o circostanziale di una fattispecie può essere decisa in ragione di altri criteri attenti alle conseguenze applicative sul versante della proporzione sanzionatoria e della colpevolezza.

 Da qui la nostra preferenza per la tesi secondo la quale le lesioni gravi e gravissime costituirebbero autonome figure delittuose, perché più equilibrata e garantista sul piano della colpevolezza.

 Non solo. Il recente d.lgs. n. 150 del 2022 offre un altro argomento di tipo sistematico. Come si è avuto modo di dire, oggi le lesioni di cui all’art. 582 c.p., ivi incluse quelle previste al primo comma e un tempo definite lievi, sono di competenza del giudice di pace. In quanto tali esse sono punite con pene diverse dalla reclusione. Ciò rimarca la distinzione di disciplina con le lesioni gravi e gravissime, previste all’art. 583 c.p., di competenza del giudice ordinario. Sarebbe ben strano che una così significativa distinzione sul piano della competenza per materia e della disciplina sanzionatoria scatti in presenza di semplici circostanze aggravanti.

 Aderendo a questa interpretazione viene a porsi, però, il problema della disciplina cui assoggettare le lesioni gravi e gravissime c.d. preterintenzionali. Il riferimento è ai casi in cui l’agente vuole una malattia di durata inferiore a quaranta giorni, ma realizza uno degli eventi previsti dall’art. 583 c.p. La norma di chiusura è in questo caso l’art. 586 c.p.@: si applicheranno, in cumulo tra loro, la pena commisurata ai sensi dell’art. 582 c.p. e quella prevista per le lesioni personali colpose, aumentata fino a un terzo.

 4.6. L’art. 583-quater c.p., introdotto dal d.l. n. 8 del 2007, conv. in l. n. 41 del 2007, prevede una circostanza aggravante indipendente delle lesioni personali sia gravi che gravissime per il caso in cui il soggetto passivo sia un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive.

 Si tratta di una previsione di scarsa ragionevolezza sia per l’eccessivo incremento di pena da essa previsto, sia per il suo presupposto. Non si comprende il fondamento della maggior tutela del pubblico ufficiale quando opera negli stadi o in contesti similari.

 In presenza di attenuanti concorrenti, il giudice procederà al loro bilanciamento, assumendo come base le cornici edittali rispettivamente delle lesioni gravi e gravissime, di cui all’art. 583 c.p.

 

110 di 207


Sommario