Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta
2. Le lesioni personali
di Fausto Giunta
2.1. Le lesioni personali costituiscono una figura di reato che ha perso nel tempo la sua originaria unitarietà tipologica@. Il codice penale prevede oggi una molteplicità (meglio: un eccesso) di ipotesi delittuose che portano questo nomen iuris.
Il nucleo normativo risiede negli artt. 582 e 583 c.p.
L’art. 582, comma 1, c.p. offre la definizione di base del fatto tipico, che consiste nel cagionare ad altri una lesione personale dalla quale derivi una malattia nel corpo o nella mente. Si tratta di un reato causalmente orientato che può realizzarsi con qualunque condotta, anche omissiva ai sensi dell’art. 40, comma 2, c.p.
L’enunciato normativo viene ritenuto impreciso, perché sembrerebbe “che due siano gli eventi naturalistici di questo reato: prima una lesione come conseguenza della condotta umana; poi, una malattia come conseguenza della lesione”@. Da qui l’agevole critica che non tutte le lesioni personali comportano una malattia e non tutte le malattie sono provocate da una lesione personale.
Sennonché questa lettura dell’enunciato normativo assume le nozioni di “lesione personale” e “malattia” in senso restrittivo, intendendo la prima come alterazione anatomica (“violenta disintegrazione di tessuti […] et similia)@, la seconda come processo patologico@.
Per quanto criticata in dottrina, più corretta appariva la definizione offerta dalla Relazione ministeriale al Progetto del codice penale, che considerava malattia “qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell’organismo, ancorché localizzata e non impegnativa delle condizioni organiche generali”. Questa nozione teneva conto che vi sono patologie, come, per esempio, quelle mentali, prive di alterazioni anatomiche. Essa veniva criticata sulla base di una premessa opinabile: l’identificazione della malattia con un processo patologico@, che non è sempre presente nelle alterazioni dello stato di benessere.
In breve, e tornando alla lettera dell’art. 582, comma 1, c.p.: il collegamento tra la concezione anatomica della lesione personale e quella patologica di malattia restringe irragionevolmente il fuoco della tutela penale.
2.2. A ben vedere, però, un’interpretazione fedele al testo e ad un tempo coerente con la ratio della tutela è certamente possibile. Basta intendere il concetto di lesione personale in senso lato, come sinonimo di offesa alla persona e, per altro verso, identificare la malattia con la condizione opposta allo stato di salute, ossia con qualunque menomazione dell’organismo che ne riduca la pienezza delle funzioni@.
Così interpretato, l’enunciato normativo risulta innocuamente ridondante nella parte in cui fa riferimento alla “lesione personale” (espressione, in realtà, non necessaria per descrivere il fatto tipico), ma non suona irragionevolmente restrittivo. Ne esce confermata la centralità del concetto di malattia nella struttura della fattispecie incriminatrice, da intendersi come qualsiasi apprezzabile menomazione funzionale diffusa o localizzata, guaribile o cronica.
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