testi ed ipertesti

Sussidiario di diritto penale
Parte speciale
a cura di F. Giunta

5. Istigazione o aiuto al suicidio

 

 5.1. Benché non si tratti di una fattispecie di omicidio, il delitto di istigazione o aiuto al suicidio è comunque un delitto contro la vita. Per questa ragione sarà qui trattato. 

 Il dibattito sulla liceità o meno del suicidio è fortemente condizionato da premesse metagiuridiche e finanche ideologiche. Il diritto positivo non offre indicazioni univoche al riguardo, per cui gli interpreti cercano di fargli dire quel che vorrebbero dicesse espressamente. La questione ha una rilevanza più di principio, che applicativa, posto che il tentativo di suicidio non è punito. Ciò non significa che non residuino spaccati di vita problematici. La principale questione di rilevanza pratica consiste nella controversa possibilità di impedire il tentativo di suicidio da parte del terzo che non sia gravato da una posizione di garanzia. L’intervento salvifico, realizzato anche in modo coercitivo, viene perlopiù giustificato ravvisando un fattore di pericolo nei confronti dei terzi ora nell’istinto suicidario (tale da giustificare finanche il trattamento sanitario obbligatorio), ora nel fatto oggettivo che ne è espressione (come nel caso dell’aspirante suicida che minacci di darsi fuoco in un luogo pubblico e molto frequentato).

 5.2. Diversamente deve dirsi del suicidio che non costituisce un atto libero in quanto indotto da terzi. È principalmente a questa ipotesi che fa riferimento l’art. 580 c.p. nella parte in cui punisce chi “determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio”. Le condotte, entrambe incidenti sulla sfera psichica del soggetto passivo, sono equiparate sul piano della tipicità, ma è indubbia la maggiore gravità della determinazione, che consiste nel far nascere un proposito di autosoppressione prima inesistente. Il tenore testuale della norma chiarisce che si tratta di condotte necessariamente commissive.

 Alla stessa pena è assoggettata la condotta dell’aiuto, consistente nell’agevolare in qualsiasi modo l’esecuzione dell’altrui proposito suicidario.

 Questa ipotesi è problematica sotto il duplice profilo della legittimità e dell’applicazione.

 5.3. Quanti considerano il suicidio un diritto della persona contestano la scelta legislativa di elevare a reato il concorso nella realizzazione di un fatto altrimenti libero e lecito@. Si tratta, però, di una interpretazione che, in linea di principio, non è stata accolta dalla Corte costituzionale@, che ha aperto a una declaratoria differita di incostituzionalità limitatamente ai casi di suicidio medicalmente assistito, sul quale si avrà modo di tornare.  Solo con riguardo a queste situazioni estreme la Consulta, con un secondo intervento@, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 c.p. nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 l. n. 219 del 2017 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento), agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.

 Sul piano interpretativo, la struttura causale dell’agevolazione porta ad allargare oltre misura l’ambito applicativo dell’aiuto al suicidio, posto che qualunque condicio sine qua non dell’evento risulterebbe tipica: commetterebbe reato non solo colui che accompagna l’aspirante suicida nel luogo dove si darà la morte, ma anche il benzinaio che, consapevole della meta finale, vende il carburante necessario per la trasferta. Se si vogliono evitare epiloghi ermeneutici così estremi, la condotta di aiuto deve restringersi ai contributi che semplificano in modo significativo piano esecutivo. Per questa ragione mentre costituirà aiuto la consegna di una pistola, non integrerà il reato l’indicazione del luogo appartato dove il soggetto passivo si toglierà la vita, sebbene entrambe le condotte siano condiciones sine quibus non della morte.

 Il compimento della condotta tipica non è sufficiente per la realizzazione del reato: è necessario che il suicidio avvenga o che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima. Trattandosi di condizioni obbiettive di punibilità questi eventi non devono essere abbracciati dal dolo, per la cui sussistenza è sufficiente la finalizzazione della condotta all’altrui suicidio.

 Quando il soggetto passivo è un minore di quattordici anni o un incapace di intendere e di volere, si applicano le disposizioni relative all’omicidio. Se si tratta di un minore degli anni diciotto o una persona inferma di mente o in condizioni di deficienza psichica le pene sono aumentate.

 

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